
trasformare i conflitti in opportunità di crescita
Sembra sia inevitabile di questi tempi. Aprendo un giornale cartaceo o scorrendone le pagine online, surfando i social media o anche semplicemente facendo una banale ricerca nel web, in qualche modo, ci imbattiamo in storie di conflitti a volte feroci e drammatiche, altre poco visibili e sottili, sicuramente fuori dal nostro controllo. Di fronte a questo dato di realtà, succede anche che, ascoltando le notizie provenienti da zone di guerra, ad esempio, ci diamo una rapida spiegazione dicendo “beh ma questo appartiene alla loro cultura, è il loro modo di essere”.
Se invece ci permettiamo di osservare più attentamente la situazione globale, non possiamo che testimoniare quanto la polarizzazione sia diventata una matrice dominante delle relazioni pubbliche e private un po’ ovunque. Forse, uno dei motivi principali risiede nel tentativo di semplificare ciò che invece risultata essere estremamente complesso e incerto. Tuttavia, questo leitmotiv globale si fa sempre più sentire anche nelle organizzazioni che, cercando di destreggiarsi in queste dinamiche, rischiano di giustificare, in nome della “business continuity”, modelli di comportamento assertivi, egoriferiti e che possono diventare aggressivi. In un apparente stallo, quindi, di pratiche di leadership più raffinate e capaci di progettare futuri più sostenibili, è necessario fare i conti con ciò che sta succedendo e chiederci, in che modo, ognuno di noi possa dare il proprio contributo per cambiare queste culture dominanti (dentro o fuori l’ufficio che siano) senza rimanere inermi a guardare.
Dal nostro punto di vista, solo partecipando al gioco è possibile trasformarlo, ma per partecipare è necessario attrezzarci di risorse e strumenti adatti. Ancora una volta le competenze manageriali, intese nel senso di ruolo manageriale, ma anche di gestione di sé, possono diventare la chiave per sostenere dei cambiamenti raggiungibili, sostenibili e volti alla conciliazione, non solo nelle aziende, ma anche fuori di esse.
In questo scenario, per chi oggi vuole avere un vero ruolo di leadership si delinea una competenza fondamentale da sviluppare: la conflict intelligence. Non si tratta di evitare lo scontro a ogni costo, ma di gestirlo con lucidità, empatia e strategia in una chiave che possiamo definire opportunistica, se non la intendessimo nella sua accezione negativa. Un leader conflict-intelligent sa leggere le fratture, facilitare il confronto e costruire terreno comune anche nelle divergenze.
Nella sua edizione estiva 2025, Harvard Business Review (HBR) propone un paradigma in sette punti di gestione dei conflitti basato sull’esperienza di negoziatori internazionali e leader di alto livello, che possono meglio definire e guidare un conflict-intelligent leader.
Fonte: Il Sole 24 Ore