Trasparenza retributiva, per un capo del personale su due è un’opportunità
La direttiva Ue sulla trasparenza retributiva potrebbe essere una grande occasione per riportare equilibrio nelle buste paga con riferimento al genere, alle mansioni, alle generazioni: a dirlo è un direttore delle risorse umane su due, pur evidenziando molte criticità, prima fra tutte l’impatto che la trasparenza e la comunicazione delle fasce retributive potrebbe avere sul clima aziendale.
Fatta la norma in Europa, i direttori del personale chiedono che il nostro Paese, nel recepirla trovi una via sostenibile. Ed è proprio qui che sorgono molte criticità secondo quanto emerge da un’indagine fatta da Aidp su un campione di 750 manager. «L’applicazione anche in Italia della direttiva Ue sulla trasparenza retributiva è certamente un ulteriore passo avanti verso la riduzione strutturale della disparità di genere nel lavoro anche in campo retributivo, e rappresenta un ulteriore tassello verso l’’obiettivo della realizzazione completa e complessiva dell’equità di genere», premette la presidente di Aidp, Matilde Marandola. Questo è però vero nella misura in cui il legislatore riuscirà a «rendere l’applicazione della norma più fattiva». Per questo Aidp ha voluto indagare gli impatti operativi e il sentiment dei direttori del personale in merito alla direttiva Ue.
Ciò che emerge, nel complesso, dall’indagine condotta dal Centro Ricerche Aidp, guidato dal professor Umberto Frigelli, è un mosaico: la trasparenza retributiva non è una linea unica che attraversa il mondo del lavoro, ma un intreccio di percezioni, resistenze e speranze che si modulano in base alle condizioni reali delle imprese. In generale il 47% dei professionisti delle risorse umane considera per la propria azienda la direttiva Ue sulla trasparenza salariale un’opportunità per migliorare l’equità sul posto di lavoro mentre il 20% esprime un’opinione negativa in quanto creerebbe molte difficoltà e rischi superiori ai benefici. Il restante 32% circa non ha ancora un’opinione precisa. «Dalla nostra indagine emergono una serie di suggerimenti al legislatore italiano, tra cui – elenca Marandola – la definizione di linee guida e chiarezza normativa, il coinvolgimento delle parti sociali, il supporto alle imprese nella fase di implementazione, l’introduzione di incentivi economici e sgravi fiscali, un’implementazione graduale e flessibile e un’attività di formazione e sensibilizzazione. Questi suggerimenti hanno lo scopo di favorire un passaggio concreto e reale dall’astrazione della norma alla realtà del sistema delle imprese e del lavoro, nel modo più fluido possibile».
Venendo al merito dei risultati della ricerca il 92% dei direttori del personale conosce la direttiva europea e oltre il 43% ha implementato un piano operativo sulla trasparenza salariale. Il 49% delle aziende sta già applicando gli adempimenti previsti dalla norma, in tutto o in parte. Circa il 59% dei direttori del personale ritiene che il concetto di “lavoro di pari valore”, secondo criteri non discriminatori, oggettivi e neutri rispetto al genere, sia chiaro ed esaustivo così come le metodologie per determinarlo. Tuttavia, il 41% degli intervistati afferma che questi criteri non sono facilmente comprensibili. Per oltre il 55% al fine di determinare se due lavori hanno pari valore, andrebbero aggiornate le declaratorie delle mansioni presenti nei contratti nazionali applicati e in questo senso dovrebbero occuparsene le parti sociali. Per superare le lungaggini delle riforme degli inquadramenti, un capo del personale su tre (37%) ha spiegato di aver provveduto autonomamente creando un mansionario specifico.
Tra le principali criticità operative e gestionali della direttiva Ue, la metà dei direttori del personale (52%) dice che il principale tema che emerge riguarda il clima aziendale che si crea con la comunicazione delle fasce retributive. Il 45% parla invece di difficoltà nella determinazione dei criteri oggettivi, non discriminatori e neutri sui quali fondare i sistemi retributivi e giustificare il pay gap. Rispetto ai benefici, invece, oltre il 43% ha sottolineato l’impatto positivo sui sistemi di gestione della meritocrazia e oltre il 32% sulla maggiore attrattività dell’azienda verso il mercato del lavoro, mentre il 26% ha indicato l’impatto sui sistemi di promozione e avanzamento della carriera.
Fonte: Il Sole 24 Ore