
Trasporto merci Ue: prevale il mare, ma aumenta la quota su strada
«Un Paese come l’Italia, per come è posizionato al centro del Mediterraneo e con quasi 8.500 chilometri di costa meriterebbe maggior attenzione da parte della politica nazionale rispetto alle potenzialità del trasporto via mare – commenta Arnaldo Boeddu, segretario della Filt Trasporti della Sardegna -. Storicamente, la posizione centrale dell’Italia nel Mediterraneo unita alla sua conformazione peninsulare a cui dobbiamo sommare la presenza di numerosi porti naturali, in passato, hanno assegnato al nostro paese un ruolo fondamentale nel collegamento tra i diversi paesi». Ricordando gli scambi commerciali che legano l’Europa all’Africa e all’Asia, il sindacalista aggiunge che l’Italia «ha perduto il ruolo di paese leadership lasciando il primato ad altri paesi». «I dati e le tendenze parlano chiaro – aggiunge -. Se negli anni passati la percentuale delle merci trasportate via mare raggiungeva quasi l’80%, nel tempo questa percentuale si è ridotta sino a scendere sotto il 70%. Nel contempo, se pensiamo che anche il trasporto su ferrovia è sceso, si ricava che è in forte aumento il trasporto su strada con aggravio di costi sia sotto l’aspetto dei costi sia, questione non trascurabile anche dal punto di vista ambientale». Ad avviso del sindacalista occorre «un Piano Nazionale dei Trasporti che tenga conto delle mutate condizioni geopolitiche nonché delle concentrazioni su tre/quattro player armatoriali che detengono quasi la totalità del trasporto delle merci via mare».
Spagna: una logistica moderna ma ancora sbilanciata sulla gomma
Nel panorama europeo del trasporto merci, la Spagna rappresenta un caso emblematico: un sistema logistico altamente sviluppato sul piano infrastrutturale, ma ancora fortemente dominato dal trasporto su strada. Secondo i dati ufficiali del Ministero dei Trasporti e della Mobilità Sostenibile, nel 2023 il 95,8% delle merci trasportate a livello nazionale (in tonnellate) è stato movimentato su gomma. Il trasporto marittimo si è fermato al 3,1%, mentre ferrovia e trasporto aereo hanno rappresentato quote residuali, rispettivamente l’1,1% e appena lo 0,004%. Rispetto al 2022, il volume totale delle merci trasportate è cresciuto dell’1,1%, con un incremento dell’1,2% per il trasporto stradale e dell’1,5% per quello via mare, mentre ferrovia e aereo hanno registrato cali significativi (-9,4% e -5,2%).
Il dominio del trasporto stradale non è una novità per la Spagna: già nel 2022, il 95,7% delle tonnellate era stato trasportato su gomma, contro appena il 3,1% via mare e l’1,3% su rotaia. Ma se si guarda alla dimensione internazionale, il quadro cambia. Il trasporto marittimo riveste un ruolo strategico fondamentale per l’economia del Paese: i porti spagnoli hanno movimentato nel 2023 ben 496,3 milioni di tonnellate di merci, di cui 432 milioni legate al traffico estero, pari all’87,1% del totale. A questi si aggiungono 48,7 milioni di tonnellate di traffico di cabotaggio (trasporti interni via mare, il 9,8%) e appena il 3,1% legato ad attività portuali secondarie come rifornimenti e pesca. Il numero delle operazioni di navi da carico ha superato quota 128.000, mentre le unità di stazza lorda (GT) sono state oltre 2,2 miliardi.
Il Paese può contare su un’estesa e articolata rete infrastrutturale: più di 17.000 km di autostrade e superstrade, una delle reti ad alta velocità ferroviaria più capillari d’Europa, e un sistema portuale statale composto da 46 porti di interesse generale, gestiti da 28 autorità portuali. A questa dotazione si somma una posizione geografica strategica, che fa della Spagna un nodo naturale nei traffici tra Europa, Africa e America.
Tuttavia, il principale punto debole del sistema logistico spagnolo resta la scarsa integrazione modale. Secondo l’Osservatorio del Trasporto e della Logistica (OTLE), il 96% delle merci viaggia su strada e solo l’1% su rotaia, una percentuale molto lontana dagli standard europei, dove il trasporto ferroviario incide mediamente per il 15-18% del traffico terrestre. La causa principale è l’insufficiente interoperabilità delle reti ferroviarie, insieme alla scarsa efficienza delle piattaforme intermodali: molti terminal non sono ancora attrezzati per gestire treni lunghi (750 metri), e vari nodi logistici soffrono di colli di bottiglia operativi.
Fonte: Il Sole 24 Ore