
Triennale, quando la creatività si fa responsabilità
In un tempo segnato da crisi globali — politiche, economiche, climatiche e sociali — Art for Tomorrow 2025, il simposio organizzato da The Democracy & Culture Foundation per la 10ª edizione chiama a raccolta protagonisti influenti del mondo dell’arte, dell’architettura e del design come Norman Foster, Theaster Gates, Jeff Koons, Shirin Neshat e Hans Ulrich Obrist, solo per citarne alcuni. All’interno della Triennale Milano, questo incontro internazionale che si è svolto dal 12 al 14 maggio, ha messo al centro una domanda cruciale: quale ruolo può giocare la creatività nella ricostruzione di un tessuto collettivo oggi profondamente lacerato?
L’arte, l’architettura e il design non sono più (solo) spazi di contemplazione o estetica, ma si rivelano strumenti essenziali di comprensione, connessione e intervento. In un contesto globale in cui prevalgono isolamento, polarizzazione e disuguaglianza, l’atto creativo diventa gesto politico, linguaggio comune, azione trasformativa.
Il cuore dell’edizione 2025 batte attorno a una convinzione forte: la creatività ha una responsabilità sociale. Non è più sufficiente ispirare, bisogna anche ricucire. Di fronte alla tentazione del ripiegamento individuale, Art for Tomorrow propone uno sguardo aperto, coraggioso, pronto a riattivare il senso del “noi” attraverso l’arte come pratica di ascolto, di cura e di costruzione di immaginari condivisi.
Theaster Gates: la cultura come rigenerazione
A testimoniarlo le voci tra le più autorevoli e sperimentali del panorama artistico e intellettuale internazionale e tra queste Theaster Gates, artista, urbanista e attivista culturale, una delle figure più radicali dell’arte contemporanea. Nato nel 1973 negli Stati Uniti, nella sua espressione artistica fonde scultura, performance e spiritualità orientale in una pratica che celebra lo “spirito delle cose” e ridà vita a ciò che è stato dimenticato: oggetti, spazi, memorie.
Ceramista di formazione, Gates ha trasformato i quartieri dismessi del South Side di Chicago in laboratori vivi di rinascita urbana, recuperando edifici abbandonati e trasformandoli in centri culturali inclusivi. Il suo lavoro è una risposta concreta alle disuguaglianze, un ponte tra arte e attivismo che crede nella cultura come motore di trasformazione sociale. Alla Triennale Milano presenta un progetto speciale, «Clay Corpus», che unisce artigianato, memoria e futuro. Nello spazio di Casa Lana, l’artista ha costruito un centro di ricerca dedicato alla ceramica giapponese di Tokoname, mettendo in dialogo le opere della collezione “Koide” — tramandate dal maestro Yoshihiro Koide, oggi senza eredi — con riflessioni sul destino dei saperi artigianali in via di estinzione. Nel corso della conversazione che ha l’artista ha avuto con Farah Nayeri alla Triennale per Art for Tomorrow sono stati affrontati diversi temi, ma quello più attuale ha riguardato il cambiamento del panorama politico negli Stati Uniti. “Pensavamo fosse uno scherzo – dichiara Theaster Gates – ma lo smantellamento dei sistemi è reale — e la destra, almeno negli Stati Uniti, lo sta portando avanti con sorprendente efficacia, influenzando profondamente la cultura e la vita quotidiana. La precarietà è diventata la norma: basta una telefonata per scoprire che un amico ha perso il lavoro, e subito dopo, un altro”. “Questa situazione – afferma l’artista – ci ha spinto ad una consapevolezza profonda: nessuno può permettersi di restare fuori dalla politica; l’assenza di partecipazione ha conseguenze reali; più che contare sulla leadership, ognuno deva agire concretamente per sostenere la propria comunità. Il cambiamento non arriva dall’alto, ma dalla somma dei piccoli gesti quotidiani”.
E per quanto riguarda un altro importante tema che la società americana sta affrontando ovvero l’equità e la diversità per l’artista “il progresso fa paura e la paura genera violenza; i passi avanti in termini di equità e diversità hanno innescato un’ondata di timori profondi, spesso nascosti ma potenti; una parte della società teme di perdere un’eredità culturale e simbolica che ritiene “propria”, e questo timore — se non affrontato con amore e consapevolezza — si traduce in violenze invisibili, fratture silenziose ma reali. Condividere il potere resta un tabù, e senza una nuova forma di convivenza, nessuno lo cederà pacificamente. La conseguenza? Un crescente scoraggiamento sociale che potrebbe però contenere in sé la scintilla di un cambiamento radicale”. L’artista, alla fine della conversazione, ammette: “Non pensavo di parlare di politica alla Triennale ma oggi, più che mai, la politica deve entrare ovunque, anche dove si discute di architettura, design o moda, perché non può esistere bellezza autentica senza verità, conflitto e responsabilità collettiva”.
Fonte: Il Sole 24 Ore