Troppo vino resta fermo in cantina: «Meno rese e stop agli impianti»

Troppo vino resta fermo in cantina: «Meno rese e stop agli impianti»

Tra le tante minacce legate ai dazi di Trump c’è un aspetto molto pericoloso che ancora non è stato ben messo a fuoco: fanno passare qualsiasi altra problematica in secondo piano. Difficoltà che poi non scompaiono d’incanto, ma restano li.

E il vino italiano, pesantemente esposto sul tema dazi visto che gli Usa sono il primo mercato estero in valore, di difficoltà ne ha e ne aveva anche prima del ritorno di Trump alla Casa Bianca. Difficoltà legate a uno squilibrio che, anno dopo anno, si sta allargando sempre più tra una produzione eccessiva e un mercato, sia nazionale che internazionale, che non consuma più come in passato.

Già da qualche anno sono in atto profondi cambiamenti negli stili di consumo. Perdono terreno i vini rossi, secondo qualcuno penalizzati anche al cambiamento climatico che con temperature più alte non li favorisce, mentre tengono le posizioni i prodotti, come vini bianchi e spumanti, più “facili” e quindi che, serviti freddi, meglio si prestano al consumo fuori pasto, all’aperitivo o al cocktail. Ma attenzione, anche i vini più apprezzati tengono le posizioni, ma non registrano grandi progressi.

Una crisi, beninteso, che non riguarda solo l’Italia ma anche gli altri competitor. Tuttavia, mentre in Francia si rottamano i vigneti (15mila ettari di vigne espiantate solo a Bordeaux dove un litro di vino base nei giorni scorsi era quotato a 0,77 euro al litro, prezzo al di sotto di qualsiasi sostenibilità economica), in Italia da un punto di vista produttivo non è cambiato granché. Anzi, si continua a piantare. Un 1% l’anno delle superfici vitate, circa 6-7mila ettari di nuovi vigneti ogni anno per produrre vini che in tanti non vogliono più.

Fonte: Il Sole 24 Ore