
Trump riapre la porta a Zelensky: difenderemo i cieli di Kiev
L’insoddisfazione di Donald Trump nei confronti di Vladimir Putin, dopo l’infruttuosa telefonata seguita nella notte di giovedì da uno dei più pesanti bombardamenti aerei dall’inizio della guerra, si è tradotta ieri in quella che il capo dell’amministrazione presidenziale ucraina, Andriy Yermak, ha definito «una conversazione importante e produttiva» fra Trump e il presidente Volodymyr Zelensky. L’ennesima inversione di rotta per il presidente americano, che dopo la decisione del Pentagono di sospendere l’invio all’Ucraina di missili intercettori e munizioni di precisione, avrebbe invece detto a Zelensky di volerlo aiutare a «difendere i cieli» dell’Ucraina contro attacchi aerei russi sempre più intensi. Andando a verificare quali forniture sarebbero state messe in sospeso.
La conversazione – secondo una fonte citata da Reuters – avrebbe lasciato a Kiev la speranza che le consegne di missili per i sistemi Patriot possano riprendere. «I Patriot sono reali difensori della vita», aveva chiarito Zelensky prima di parlare con Trump della situazione al fronte e delle possibilità di collaborazione tra le due industrie della difesa. «Abbiamo concordato di lavorare insieme per rafforzare la protezione dei nostri cieli – ha poi scritto Zelensky -. Noi siamo pronti a studiare progetti con gli Stati Uniti, abbiamo parlato di commesse e di investimenti».
Una soluzione che si sta prospettando passa attraverso la Germania, che starebbe definendo con gli Stati Uniti la possibilità di acquistare e trasferire a Kiev altri due sistemi Patriot, dotati di intercettori, coprendone interamente il costo. Dopo le rivelazione del settimanale Spiegel, secondo cui il cancelliere Friedrich Merz ne avrebbe parlato per telefono a Trump, ieri il portavoce Stefan Kornelius ha dichiarato che «ci sono diversi modi per ovviare alla mancanza di Patriot», e ha confermato le discussioni in corso.
Prima di parlare con Zelensky, era stato lo stesso Trump a constatare – dopo la sesta conversazione in cinque mesi – che Putin «non sta pensando di fermarsi. Non sono affatto contento di questo – aveva detto il presidente americano -. Non ho fatto alcun passo avanti con lui».
Se nel colloquio con Trump l’intenzione di Putin era dimostrargli che non si fermerà in Ucraina neppure di fronte a concessioni quali la sospensione degli aiuti militari americani, il capo del Cremlino ha sfidato l’interlocutore non soltanto dando l’ordine di attacco subito dopo aver messo giù il telefono con Trump che aveva chiesto il cessate il fuoco, ma anche concentrando i lanci di droni e missili contro quelle postazioni di difesa antiaerea rese sempre più vulnerabili dal venir meno degli intercettori americani.
Fonte: Il Sole 24 Ore