Trump riceve la Juventus allo Studio Ovale: sembra un meme ma non lo è
Sulle prime sembrava un meme. Di quelli che neanche la più fantasiosa tra le intelligenze artificiali saprebbero concepire. Siamo nello Studio Ovale, proprio là dove fu licenziato Musk, con un occhio pesto e il cappellino del Doge ancora in testa. A pochi metri da dove fu mortificato Zelensky. C’è ovviamente Trump seduto alla scrivania che, visti i giorni complicati che il mondo sta attraversando, non esclude di attaccare l’Iran. Alle sue spalle, un attacco da 58 gol che sono valsi appena la quarta posizione nell’ultima Serie A: quello della Juventus.
No, non era un meme: una delegazione bianconera, a una manciata di ore dalla partita del Mondiale per club vinta a Washington DC per 5-0 contro gli emiratini dell’Al-Ain, è stata effettivamente ricevuta da «The Donald» in persona, in uno dei momenti più critici della storia contemporanea.
C’erano i giocatori: McKennie e Weah (gli unici americani, a naso non esattamente a proprio agio in quelle circostanze), Locatelli, Gatti, Koopmeiners e Vlahovic accompagnati da Mister Tudor, marziale come un soldato dell’esercito di Tuđman. C’era la dirigenza: il ceo Maurizio Scanavino, il general manager Damien Comolli, il neodirettore delle strategie ed ex bandiera della Nazionale Giorgio Chiellini. C’era la proprietà: nientemeno che il presidente di Stellantis John Elkann, da quello che si apprende fautore dell’incontro al vertice. E c’era il presidente della Fifa Gianni Infantino, svizzero di passaporto ma, a quanto si dice, interista di fede.
Sia il primo che il secondo hanno regalato a Trump una maglia col suo nome e il numero 47, in quanto 47esimo presidente degli Stati Uniti. E intanto «The Donald» ha fatto il suo show, parlando di Elkann («Lo conoscete tutti, ha fatto un lavoro incredibile per l’industria automobilistica»), quindi interrogando i dirigenti su questioni di sport e gender: «Avete mai avuto donne nella vostra squadra?», ha chiesto Trump ribadendo, secondo alcuni video postati online, la sua crociata contro gli «uomini che partecipano negli sport femminili».
Poi ancora, indicando i giocatori alle sue spalle, delle nazionalità più diverse, ha aggiunto: «La gente arriva, ma deve farlo legalmente. Come questi ragazzi dietro di me. Devono venire legalmente. Se vengono legalmente li vogliamo. Devono dire di amare l’America, di amare il nostro Paese. E se non possono dirlo, non li vogliamo».
Fonte: Il Sole 24 Ore