
Tumore al colon: così con la diagnosi precoce dopo sei anni si arriva alla guarigione completa
“Quando posso dire di essere guarito”? E’ queste la domanda che pongono le persone che ricevono una diagnosi di tumore. Per il tumore del colon-retto in fase 2 e 3, che quindi non ha dato metastasi a distanza se non localizzazioni ai linfonodi vicini ed è stato trattato con l’intervento chirurgico associato alla chemioterapia, oggi è possibile dare una risposta. Uno studio internazionale, coordinato da Alessandro Pastorino dell’Irccs San Policlinico San Martino di Genova in collaborazione con una serie di centri tra cui la Mayo Clinic, dice che in questi casi la guarigione completa del tumore può essere possibile a sei anni. Si può dire così perché il rischio di recidiva del tumore, scende al di sotto dello 0,5% dopo sei anni, quindi non è significativo. “Si tratta del primo studio in letteratura che affronta questo problema – segnala l’ideatore della ricerca, l’oncologo Alberto Sobrero.
Cosa si è misurato
La ricerca ha compreso una grandissima popolazione di pazienti (35.213) con tumore in studio 2 e 3, coinvolti in 15 studi clinici condotti tra il 1996 e il 2015. Tutti i partecipanti erano stati sottoposti a chirurgia radicale e poi chemioterapia, con monitoraggio successivo di almeno sei anni. “Sostanzialmente abbiamo voluto cercare endpoint, cioè parametri come obiettivi, diversi dal solito – fa notare Sobrero. Siamo andati a ricercare le ricadute o i secondi tumori, anche al colon. E siamo arrivati a vedere (ripulendo i dati per identificare solo le reali recidive della prima malattia) che si arriva ad un rischio di riaccensione della patologia inferiore allo 0,5% in sei anni. Il che significa in pratica che si può rispondere al paziente – in queste condizioni alla diagnosi – che dopo sei anni può dirsi guarito da quel tumore”. tecnicamente, infatti, l’incidenza di recidiva ha raggiunto il picco del 6,4% tra il sesto e il dodicesimo mese, per poi diminuire ogni semestre fino ad arrivare al di sotto dello 0,5% dal sesto anno e mezzo al decimo anno.
Arrivare presto è fondamentale
Lo studio, oltre ad indicare come l’oncologo può rapportarsi con il malato sulla scorta di dati scientifici comprovati, porta ancora una volta alla luce l’importanza della diagnosi precoce e dello screening della patologia. L’esame del sangue occulto nelle feci, nelle fasce d’età in cui viene proposto, rappresenta uno strumento fondamentale. Perché arrivando prima il trattamento e la prognosi migliorano ulteriormente, consentendo di parlare di guarigione anche prima. Purtroppo la partecipazione ai programmi di screening è ancora troppo bassa in Italia. Ma un semplice esame come quello della ricerca del sangue delle feci, con conseguente colonscopia in caso di esito positivo, può davvero cambiare in meglio la traiettoria della malattia ed il percorso del malato verso la guarigione.
Fonte: Il Sole 24 Ore