
Tumore dello stomaco, il 50% di chi ne soffre è malnutrito: chi è a rischio e cosa fare
I numeri parlano chiaro. Una persona su due con tumore allo stomaco può andare incontro a malnutrizione. Conseguenze possibili? Ridotta tolleranza alle terapie, traiettoria di sopravvivenza modificata in peggio, calo della qualità di vita, necessità di ricoveri in ospedale con aumento dei corsi sanitari. Quindi bisogna essere seguiti, fin dall’inizio. Ed ottenere indicazioni su una dieta mirata con ricette equilibrate e nutrienti per ritrovare il piacere del cibo e della convivialità. Lo ricorda l’associazione “Vivere Senza Stomaco, Si Può ODV” che propone “OncoCook”, web serie che mette insieme gusto, scienza e testimonianza, offrendo consigli pratici e suggerimenti alimentari mirati.
Il peso dei deficit nutrizionali
Nel 2024, in Italia, sono stati stimati circa 14.100 nuovi casi di tumore dello stomaco, meno del 20% è individuato in fase iniziale. La difficoltà nella diagnosi precoce porta la sopravvivenza a cinque anni ad aggirarsi attorno al 32%. E i deficit nutrizionali incidono nel percorso. “Fra tutte le patologie oncologiche il carcinoma gastrico è il secondo, dopo quello del pancreas, per prevalenza di malnutrizione – spiega Nicola Silvestris, Segretario Nazionale Aiom (Associazione italiana di oncologia medica). Si stima che circa il 10-20% dei pazienti oncologici possa morire per le conseguenze della malnutrizione. Si tratta di una comorbidità frequente, che incide negativamente sull’efficacia delle terapie, sulla durata delle degenze ospedaliere, sui tassi di complicanze postoperatorie, di riospedalizzazione e, di conseguenza, sui costi sanitari, sulla sopravvivenza e sulla qualità di vita”.
Come si scopre chi è a rischio
La valutazione della composizione corporea non viene effettuata in modo sistematico in tutti i pazienti oncologici. Il motivo? Secondo Silvestris in parte a causa della carenza di strumenti adeguati e di personale specializzato dedicato. ”Nelle Linee Guida AIOM viene specificato che lo screening del rischio nutrizionale dovrebbe essere eseguito al momento della diagnosi, ripetuto sistematicamente ad ogni visita ambulatoriale ed entro 48 ore dal ricovero in ospedale – fa sapere l’esperto”. I pazienti a rischio nutrizionale dovrebbero essere indirizzati a una valutazione nutrizionale completa, che includa la valutazione della composizione corporea, con relativo supporto di esperti.
Prevenire la malnutrizione
La parola chiave è interdisciplinarietà. Lo ricorda Francesca Pasqui, nutrizionista e docente di Scienze tecniche dietetiche applicate all’Università di Bologna “Dopo un intervento di gastrectomia, i bisogni nutrizionali e psicologici del paziente cambiano profondamente – spiega l’esperta. Il mangiare potrebbe creare difficoltà fisiche e psicologiche tanto da arrivare a ridurre le quantità di alimenti da assumere, senza considerare le conseguenze correlate alla malnutrizione. Diventa pertanto indispensabile per il paziente essere seguito da un team multidisciplinare”. Importanti complicanze a lungo termine possono essere rappresentate da anemia a causa della carenza di ferro, da mancanza di vitamina B12, osteoporosi per il malassorbimento di vitamina D e calcio e alterazione del microbiota intestinale. Conclusione: un regime dietetico corretto e personalizzato consente di ottimizzare la risposta alle terapie, prevenire complicanze metaboliche e garantire un adeguato apporto energetico e proteico, indispensabile per il recupero funzionale.
La web serie
Esperti di nutrizione oncologica, chef, pazienti e caregiver con le diverse esperienze sono il “motore” narrativo delle quattro cene di OncoCook, la web serie realizzata con il contributo non condizionante di Astellas. “La serie è focalizzata sull’importanza dell’alimentazione nella vita di un paziente che ha subito un intervento chirurgico allo stomaco per il trattamento di un tumore – segnala Claudia Santangelo, Presidente di ‘Vivere Senza Stomaco, Si Può ODV’. Oltre all’aspetto clinico, è fondamentale accompagnare il paziente in un percorso di riadattamento sensoriale e gustativo. Riscoprire il piacere del cibo, attraverso scelte alimentari personalizzate e modalità di assunzione adeguate, significa restituire valore all’esperienza alimentare e ridurre il rischio che il pasto venga percepito solo come un atto faticoso o privo di gratificazione. Non meno rilevante è la dimensione relazionale: la tavola rappresenta un momento di condivisione e di normalità sociale. Recuperare la convivialità, pur con le necessarie attenzioni dietetiche, contribuisce al benessere psicologico, rafforza le reti di supporto familiare e migliora la qualità della vita”.
Fonte: Il Sole 24 Ore