Tumori e bimbi: l’80% guarisce, ma restano i viaggi della speranza con costi fino a 35mila euro l’anno

Tumori e bimbi: l’80% guarisce, ma restano i viaggi della speranza con costi fino a 35mila euro l’anno

In Italia ogni anno si registrano circa 2.500 nuove diagnosi di tumore tra bambini e adolescenti. La buona notizia è che oggi il tasso di guarigione medio si attesta oltre l’80% e questo progresso ha portato a contare attualmente più di 50mila guariti da tumore pediatrico. Ma permangono delle forti criticità, a partire dai costi: fino a 35mila euro l’anno è infatti la spesa a carico delle famiglie per costi indiretti, come i viaggi e le giornate lavorative perse. Un peso economico che “rischia di spingere le famiglie al di sotto della soglia di povertà assoluta”. A fare luce sul fenomeno è la Favo (Federazione associazioni di volontariato in oncologia) nel primo Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici in età pediatrica e adolescenziale appena presentato. Tra le criticità anche la mobilità sanitaria: in alcune regioni del Sud, la percentuale di pazienti costretti a migrare per curarsi è elevatissima, con picchi in Molise (89,7%), Basilicata (64,7%) e Abruzzo (59,6%), mentre al contrario Toscana e Lazio presentano i più alti indici di attrazione. Per superare le criticità e assicurare una presa in carico globale il Rapporto propone tra le altre cose la creazione di una “rete di reti”.

I dati sulla guarigioni e il peso economico sulle famiglie

Il quadro, come detto, emerge dal primo Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici in età pediatrica e adolescenziale 2025, presentato da Favo in collaborazione con Aieop (Associazione Italiana Ematologia Oncologia Pediatrica), Fiagop (Federazione Italiana Associazioni Genitori e Guariti Oncoematologia Pediatrica), Federazione Cure Palliative e Unità di missione per l’attuazione degli interventi del Pnrr del Ministero della Salute. Il Rapporto si apre con un dato che accende la speranza: oggi il trattamento dei tumori pediatrici rappresenta infatti uno dei maggiori successi della oncologia moderna, con un tasso di guarigione in media superiore all’80% e oltre 50.000 guariti che attualmente beneficiano della legge sull’oblio oncologico. Tuttavia, avverte Favo, “il sistema assistenziale nazionale necessita urgentemente di una visione organica per superare le disuguaglianze che gravano sulle famiglie”. La prima disuguaglianza sta nella disomogeneità assistenziale, poiché le analisi mostrano ancora differenze fino a dieci punti percentuali nella sopravvivenza a 5 anni tra le varie regioni del Paese. E poi c’è il nodo dei costi. Nonostante la copertura dei costi sanitari diretti da parte del Servizio sanitario nazionale, la diagnosi oncologica agisce da “moltiplicatore di fragilità” per il nucleo familiare: le famiglie sopportano spese impreviste e continue per trasporti, vitto, alloggio, farmaci non rimborsati e, soprattutto, la perdita di giornate lavorative. Per un percorso di cura lungo 12 mesi, si stima che i costi indiretti e non sanitari possano raggiungere complessivamente 34.972 euro, un peso economico che, è l’allarme di Favo, “rischia di spingere le famiglie al di sotto della soglia di povertà assoluta”.

Le diseguaglianze tra le Regioni e i viaggi della speranza

A preoccupare è anche l’alto indice di migrazione sanitaria per avere accesso ai centri specialistici, con il Rapporto che documenta indici di fuga allarmanti: in alcune regioni del Sud, la percentuale di pazienti costretti a migrare per curarsi è elevatissima, con picchi in Molise (89,7%), Basilicata (64,7%) e Abruzzo (59,6%), mentre al contrario regioni come Toscana e Lazio presentano i più alti indici di attrazione. Parallelamente, sul fronte dell’organizzazione, afferma Favo, permane l’inadeguatezza per i pazienti adolescenti (15-18 anni), con circa l’85% dei degenti tra i 15 e i 17 anni gestito in promiscuità con pazienti adulti. Il Rapporto sottolinea anche che questa fascia d’età, in una quota significativa, non viene seguita dalla rete dei centri Aieop, ma da centri per adulti. Per superare le tante criticità, dalla Favo arrivano delle proposte concrete, a cominciare dalla stretta integrazione tra le Reti Oncologiche Regionali, la Rete dei Tumori Pediatrici e la Rete Nazionale Tumori Rari. La Favo chiede inoltre il riconoscimento della subspecialità in Oncoematologia Pediatrica, “fondamentale per garantire che le cure siano erogate da personale specificamente formato per l’età evolutiva”. Mentre, per contrastare i costi nascosti e garantire l’equità sociale, si propone un meccanismo di copertura delle spese indirette sostenute dalle famiglie parametrato sulla durata del trattamento e sulla distanza dal centro di cura. Infine, l’associazione sottolinea la necessità di integrare l’oncologia pediatrica nel Piano Oncologico Nazionale.

Favo: la sfida ora è applicare il modello in tutta Italia

“Per affrontare e vincere questa sfida, è necessario porre l’accento sulla stretta integrazione e continuità organizzativa tra i diversi livelli assistenziali. Occorre puntare sulle Ror, le Reti oncologiche regionali quali fattori necessari e abilitanti per l’efficace funzionamento della Rete dei Tumori Pediatrici e, di conseguenza, della Rete Nazionale Tumori Rari”, avverte il presidente di Favo Francesco De Lorenzo. “Le Ror rappresentano infatti la prima porta di ingresso dei malati oncologici nel sistema, essenziali per gestire in prossimità con i territori la presa in carico e l’assistenza globale. Favo ha dato un contributo determinante alla costruzione del modello di rete oncologica, sollecitando le Istituzioni e partecipando direttamente ai lavori promossi da Agenas per definire il quadro regolatorio”, continua De Lorenzo. “Questo impegno ha trovato la sua piena realizzazione nell’Accordo Stato-Regioni del 2019 sulla Revisione delle Linee Guida Organizzative per la Rete Oncologica e nell’Intesa del 21 settembre 2017, che ha formalmente attivato la Rete Nazionale Tumori Rari. In questo percorso, Favo si è battuta per definire un modello inclusivo delle associazioni di pazienti, fondamentale per assicurare che la dimensione del volontariato oncologico fosse riconosciuta e integrata nelle Reti. Oggi siamo nella piena fase applicativa di questo quadro normativo e organizzativo. La sfida – conclude il presidente Favo – non è più strutturare il modello, ma assicurarne l’efficace e omogenea operatività su tutto il territorio nazionale”.

Fonte: Il Sole 24 Ore