Un moto dell’anima: la confraternita preraffaellita in mostra a Forlì

La mostra negli spazi del Museo Civico San Domenico a Forlì intitolata Preraffaelliti un rinascimento moderno “rende in maniera adeguata la natura e l’intensità della fascinazione degli artisti britannici moderni per l’arte rinascimentale italiana. Nel loro caso, infatti, si può parlare soltanto di una storia d’amore” parafrasando le parole di una delle curatrici, Elizabeth Prettejohn, per identificare la sostanza dietro la prospettiva curatoriale a più voci che intende enfatizzare anche le personalità meno note che fecero parte di questa corrente culturale. In questo periodo gli artisti slegati dalle Accademie, si recavano in maniera autonoma a visitare e a trascorrere lunghi periodi in Italia per studiare in una prospettiva privilegiata l’arte di Raffaello. Tuttavia anche in Inghilerra si conservavano opere dell’Urbinate, come i sette cartoni preparatori della Cappella Sistina custoditi nella collezione reale di Carlo I, che furono prestati all’indomani della scomparsa del principe Alberto a quello che sarebbe diventato il Victoria and Albert Museum.

Il movimento culturale

L’ Ottocento durante il regno della regina Vittoria fu il momento storico in cui le arti figurative anglosassoni spiccarono il volo sfociando successivamente nel simbolismo. Gli artisti che si riunirono in questa confraternita si prefiggevano l’intento di modernizzare la pittura britannica troppo legata alle regole dettate dalla Royal Academy impostando una corrente rivoluzionaria applicata alle arti diffuse. Ne faceva parte, racchiudendone le diverse sfaccettature, il movimento Arts and Crafts che aveva lo scopo di rivalutare l’artigianato rispetto alla produzione industriale con opere che andavano dalla carta da parati dall’immaginario di William Morris, fino a diramarsi nell’architettura; nell’arte orafa e nell’arredamento segnando un ritorno in grande stile delle arti decorative in Europa.

Il percorso espositivo

Nell’esposizione – che vanta 320 opere suddivise in 16 sezioni – é possibile ammirare fra gli altri: dipinti; sculture; stampe; disegni; fotografie, l’arte orafa, che intendono raccontare il lavoro delle tre generazioni di artisti che si raccolsero intorno a questo movimento provenienti da alcune fra le più prestigiose istituzioni museali internazionali; dalla Royal Academy al V&A, fino agli Uffizi. Un vortice di artisti da Beato Angelico a Michelangelo, passando per Botticelli, Guido Reni, Mantegna, Signorelli, mentre da oltremanica Dante Gabriel Rossetti, John Everett Millais, William Holman Hunt, John Ruskin, Edward Burne-Jones, William Morris veri e propri epicentri della confraternita che ne plasmarono il codice estetico. Anche in questo contesto, la linea curatoriale si innesta in un preciso ed esaustivo filone critico mai completamente esplorato che tende ad evidenziare le affinità e le divergenze nei protagonisti messi in contrapposizione. L’esposizione è aperta dalla sezione degli artisti italiani dal Trecento al Cinquecento che per primi influenzarono le scelte stilistiche britanniche in campo visuale. Si procede con il periodo dedicato al Revival Gotico, che offre una incursione nella passione che il critico d’arte John Ruskin ebbe per la realizzazione del disegno di architetture italiane. Naturalmente fa eco una ala interamente destinata alle carismatiche donne di Dante Gabriel Rossetti, George Frederic Watts e di Frederic Leighton. Ennesimo elemento fondante risiede proprio nella prospettiva in cui sono inquadrate le figure femminili che aderirono al movimento declinandone i cardini iconografici formali e ideali e producendo anch’esse opere non soltanto pittoriche come la poesia. Vanno ricordate Elizabeth Siddal, Christiana Jane Herringham, Beatrice Parsons, Marianne Stokes e Evelin de Morgan. La Sala degli Affreschi del Complesso è lasciata interamente alla produzione di Edward Burne-Jones, in cui si intravede l’influenza che ebbe su di lui la figura di Michelangelo.

Preraffaelliti. Rinascimento moderno, Forlì, Museo Civico San Domenico, fino al 30 giugno

Fonte: Il Sole 24 Ore