
Un Osservatorio per lo sviluppo dell’area Adriatico-Ionica
A 25 anni dalla Dichiarazione di Ancona, che ha sancito la nascita dell’Iniziativa Adriatico Ionica, e a 11 anni dall’avvio della Strategia dell’Unione Europea per la Regione Adriatico-Ionica (Eusair), quest’ultima si dota di uno strumento strutturato e concepito per monitorare e analizzare in modo sistematico le dinamiche socio-economiche e infrastrutturali dell’area. È l’Osservatorio Do-Air (Data Observatory of the Adriatic and Ionian Region), fortemente sostenuto da Regione Marche e Camera di Commercio delle Marche e realizzato dal Forum delle Camere di Commercio dell’Adriatico e dello Ionio con il supporto tecnico della Politecnica delle Marche. «La strategia si trova ad affrontare una serie di sfide, alcune delle quali già presenti alla sua nascita – spiega Donato Iacobucci, docente di Economia Applicata presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’ateneo dorico -. Altre si sono acuite a causa delle recenti crisi geopolitiche ed economiche, delle guerre in Ucraina e in Medio Oriente, dell’introduzione di sanzioni e dazi, che stanno influenzando negativamente le catene di approvvigionamento e gli scambi regionali».L’accesso a dati affidabili e condivisi offrirà così strumenti operativi utili per affrontare le sfide dell’internazionalizzazione, per orientare politiche economiche basate su basi solide e rappresenterà una leva fondamentale per aiutare le imprese a cogliere le opportunità offerte dall’integrazione macroregionale. «Il rapporto racconta di un’area in trasformazione – sottolinea Gino Sabatini, presidente del Forum delle Camere di Commercio dell’Adriatico e dello Ionio – più interconnessa, economicamente più dinamica, ma ancora segnata da forti squilibri tra Paesi. In questo contesto, la strategia Eusair si conferma uno strumento essenziale per rafforzare la cooperazione, sostenere la resilienza e promuovere uno sviluppo più coeso e sostenibile».Dieci i Paesi aderenti alla Macroregione Adriatico-Ionica (l’Italia con le 10 regioni che si affacciano sui due mari, dove vive il 63% degli italiani) e l’Ue ha un evidente interesse verso la loro integrazione, poiché sono paesi storicamente e geograficamente parte dell’Europa. La popolazione complessiva conta 68,9 milioni di abitanti, sviluppa un Pil di 2.856 miliardi di dollari e registra un Pil pro-capite annuo di 221.485 dollari. Il dato economico più interessante è sicuramente l’interscambio commerciale nella macroarea, il cui valore è passato da circa 50 miliardi nel 2014 a oltre 80 nel 2023, con l’Italia dominante sia nell’import (20 miliardi) che nell’export (oltre 26 miliardi). «La principale sfida è costituita dalle elevate disparità economiche fra i paesi e le regioni che la compongono – evidenzia Iacobucci -: presentano livelli di sviluppo molto diversi e anche una diversa capacità di contribuire e trarre benefici dall’integrazione. Alle disparità economiche si associano differenze culturali, linguistiche e politiche rendono difficile una governance efficace e condivisa». In più, i paesi della ex-Jugoslavia non ancora parte della UE devono far fronte all’instabilità demografica: non solo perché sono un crocevia di flussi migratori, ma soprattutto per il fenomeno del brain drain, l’emigrazione di giovani con elevati livelli di istruzione che lasciano questi paesi per mancanza di opportunità e la percezione di instabilità politica e sociale.
Fonte: Il Sole 24 Ore