Una nuova economia delle risposte generate dalle interfacce del futuro
L’immensa ricchezza di informazioni cui si può accedere con internet non cessa di crescere. La quantità di persone e organizzazioni che contribuiscono ad aumentarla ha da tempo superato la metà della popolazione umana. E la quota di informazioni archiviate in formato digitale ha superato il 98% da almeno dieci anni, secondo Martin Hilbert dell’università di California, Davis. Ma i cambiamenti più profondi riguardano come quelle informazioni si usano. L’interfaccia può apparire meno importante del contenuto, ma ha il potere di conferire una forma alla conoscenza. Le interfacce conversazionali dell’intelligenza artificiale hanno già modificato radicalmente il modo di usare l’informazione disponibile. Le prime risposte offerte dal motore di ricerca di Google sono generate dall’AI. E l’uscita del browser Atlas di OpenAI è un ulteriore passo nella direzione di un cambiamento radicale in quella che un tempo si chiamava “navigazione” online. Il Sole 24 Ore ne ha parlato con Carlo Noseda, ceo di M&C Saatchi Europe e presidente di Iab Italia.
In realtà, la trasformazione introdotta dall’intelligenza artificiale è paradigmatica. «Siamo cresciuti cercando informazioni» ricorda Noseda. «Andavamo in biblioteca. Uscivamo di casa per consultare libri, sapendo che cosa volevamo trovare. E scegliendo le fonti migliori. Anche con l’avvento di internet, i motori di ricerca ci hanno consentito di seguire un lo stesso percorso. Ma l’intelligenza artificiale è drammaticamente diversa: non cerchiamo ma chiediamo». Perché l’AI è talmente eloquente che sembra di parlare con un esperto di tutto. «Il prompt è una domanda. Non serve più saper cercare. È strategico saper fare la domanda. E quando si ottiene la risposta è una sola, molto elaborata e apparentemente talmente completa, che sembra una verità assoluta. Molti sono impreparati».
Il cambiamento è solo all’inizio. «Ogni giorno si fanno 13,7 miliardi di ricerche sul motore di ricerca di Google, secondo Digital Information World, in aumento del 4,5% anno su anno. Se ne fanno soltanto un miliardo su ChatGPT, ma queste crescono del 100% l’anno». Se continua così le ricerche su ChatGPT supereranno Google in quattro anni. «E quindi le aziende si domanderanno: come faccio a farmi trovare da chi usa l’intelligenza artificiale? A che cosa pensa ChatGPT? Come entro nelle sue scelte? Una volta bastava il “seo”, ottimizzazione della presenza online per i motori di ricerca. Poi c’è stato il “geo”, cioè “generative engine optimization”. Alla fine serve l’”aeo”: “answer engine optimization”, cioè l’ottimizzazione della presenza digitale per le macchine che producono risposte alle domande del pubblico». Non è facile, visto che non si sa esattamente quale sia il percorso che l’informazione compie nelle reti neurali dei modelli generativi.
Questa ignoranza conduce il pubblico a fidarsi con prudenza delle ricerche fatte con l’AI. Per esempio solo il 19% le usano per accedere alle notizie e il 12% per trovare informazioni a carattere sanitario, secondo Adsby, e il 24% per imparare qualcosa di pratico. Secondo McKinsey, oltre il 60% dei consumatori non ha invece particolari problemi a fidarsi delle informazioni che l’AI offre sui prodotti. Gli utenti sono comunque più disposti a crederci se vedono delle citazioni a supporto delle affermazioni, secondo AllAboutAI, almeno nel 66% dei casi, anche se poi solo il 27% clicca sui link che conducono ai documenti citati dall’AI. Questi comportamenti producono conseguenze già visibili. «In generale, gli editori segnalano un calo di visite alle loro piattaforme anche importante. È comprensibile. Le intelligenze artificiali sono abbastanza convincenti ed eloquenti da ridurre il bisogno di cliccare sui link. Del resto, le ore della giornata sono un numero limitato» osserva Noseda. «Per le aziende si tratta di imparare a relazionarsi con questi modelli». Di certo non si torna indietro. «Può anche essere vero che è stato un azzardo rendere questa tecnologia disponibile a tutti. Ma ormai è fatta. Gli americani non si fermeranno per non perdere terreno nella competizione con la Cina. E i danni non si eviteranno con le leggi. Polarizzazione, consumo di energia e di acqua, sono conseguenze difficili da limitare. Occorre una fortissima strategia per l’educazione di tutti. Anche perché comunque i benefici sono importanti»
Nel mondo creativo, l’intelligenza artificiale generativa è ormai un compagno di lavoro. «Amplifichiamo la qualità del lavoro. Comprendiamo più velocemente se un’idea è buona o cattiva. Cambiamo i contenuti pubblicitari in relazione ai contesti in modo semplice ed efficace. Quello che conta è la rilevanza. In passato impiegavamo mesi per fare le strategie, mesi per realizzare le campagne, mesi per valutare i risultati. Oggi facciamo molto più presto. Ma facciamo meglio?».
Fonte: Il Sole 24 Ore