UniCredit-BancoBpm, la prime avances delle banche medie per gli sportelli da dismettere

UniCredit-BancoBpm, la prime avances delle banche medie per gli sportelli da dismettere

La partita tra UniCredit e Banco Bpm è ancora al fischio d’inizio e molte sono le incognite in gioco. Anche perché BancoBpm sta studiando le contro mosse, che prenderanno forma a valle del deposito del prospetto in Consob da parte di UniCredit, il cui termine è previsto per dopo domani.

Ma già da ora, accanto alle due banche protagoniste, a scaldarsi a bordo campo ci sarebbero diversi altri istituti di credito. Tutti pronti a valutare un intervento qualora UniCredit dovesse avere la meglio. E di conseguenza, complice l’operazione di fusione, qualora la banca di piazza Gae Aulenti fosse costretta a cedere sportelli in eccedenza rispetto ai limiti Antitrust. Proprio in tale contesto, nei giorni scorsi piazza Gae Aulenti ha ricevuto già diverse – almeno otto – manifestazioni di interesse informali da diverse banche, come confermato dallo stesso ceo Andrea Orcel ai suoi uomini. Da quanto raccolto dal Sole 24Ore, tra le banche che si sarebbero fatte avanti, o comunque aperte a valutare il dossier, ci sarebbero per ora Banca Popolare di Sondrio, Credem, Iccrea, Banco Desio, Sparkasse, Sella e Baps (l’ex Pop. Ragusa). Contattate, tutte le banche non hanno commentato. Il tema non sembrerebbe al momento invece sul tavolo di Bper. «Guardiamo sempre tutto – confermava ieri il dg del gruppo Iccrea, Mauro Pastore – Vedremo, assistiamo e faremo le nostre scelte imprenditoriali nel momento in cui eventualmente le cose si dovessero palesare».

Proprio perché l’offerta pubblica di scambio targata UniCredit è stata appena lanciata, i contatti tra le parti, UniCredit e gli advisor sono informali e allo stadio embrionale. Eppure anche questi sono cascami e conseguenze di un’operazione che, se avrà esito positivo per UniCredit, è destinata a ridisegnare la mappa e i rapporti di forza all’interno del mercato bancario italiano. E per questo già oggi tutti gli attori in campo stanno iniziando a prendere le misure e a muoversi di conseguenza per cogliere eventuali spazi di crescita.

In caso di fusione, UniCredit e BancoBpm darebbero alla luce il secondo soggetto bancario alle spalle di Intesa Sanpaolo per depositi e impieghi, ma il primo in alcune delle aree più ricche del Paese, in particolare in alcune province della Lombardia e Triveneto. In termini di massima, l’aggregazione, sebbene non segnata da particolari sovrapposizioni, potrebbe evidenziare un’eccedenza di sportelli pari a circa 134 unità, secondo stime. I paletti Antitrust imporrebbero cessioni di sportelli in particolare in una decina di province in cui potrebbero incunearsi banche medie o medio piccole che puntano a crescere in maniera organica. A fare gola è il posizionamento di queste aree, perché le filiali in eccedenza (il calcolo è su base provinciale) sarebbero concentrate in alcune delle regioni più ricche del Paese: si guarda in particolare a Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto, Val d’Aosta, oltre a Molise e Sicilia, regione quest’ultima dove le due banche unite supererebbero il 27% della quota di mercato.

Ovvio che l’interesse delle banche medie e medio-piccole si incrocia inevitabilmente con quello di un competitor per ora silente (ma ingombrante) come il Credit Agricole. I francesi, che sono appena saliti al 15% di piazza Meda e puntano a crescere fino al 20%, rappresentano l’interlocutore di peso con cui piazza Gae Aulenti dovrà confrontarsi nelle prossime settimane (e mesi) per far sì che l’Offerta di scambio sul BancoBpm vada a buon fine. In questo quadro è realistico che i francesi, in cambio dell’adesione all’Ops, chiedano una ricca contropartita. Che, oltre al prolungamento dell’accordo sul risparmio gestito sulla controllata Amundi (in scadenza nel 2027), potrebbe prevedere proprio la cessione di una parte degli sportelli derivanti dalla fusione. Resta da capire a quel punto quale potrebbe essere la strategia di Orcel: se scegliere un solo interlocutore (con l’Agricole in testa) oppure coinvolgere le varie banche interessate mettendole in competizione in un’asta, magari dividendo gli sportelli in lotti.

Fonte: Il Sole 24 Ore