
Veloci, efficaci e virali: così i meme seducono il marketing e la politica
In America è stata definita la battaglia dei meme. Si combatte nell’agone social con immagini senza soluzione di continuità che diventano virali sugli schermi degli smartphone, ma anche in quell’economia reale segnata dall’incertezza per via dei dazi annunciati e in taluni casi attuati. Proprio nel mezzo di questa guerra economica, dalla Cina un esercito silenzioso ha occupato ogni avamposto social, sfruttando gli enormi progressi dell’intelligenza artificiale. Obiettivo: creare meme con il presidente Trump, il vicepresidente Vance e il miliardario Musk su catene di montaggio di scarpe e iPhone. Un’operazione diventata virale.
Ma se la geopolitica adotta stilemi tipici del marketing contemporaneo, le aziende non si sottraggono. Stavolta al centro della querelle legata ai meme si è trovata la catena americana di fast food Wendy’s, colosso da sessantamila dipendenti e quasi settemila ristoranti nel mondo per 3 miliardi di dollari di fatturato. L’accusa: aver rilanciato un meme, diventato virale, con Katy Perry appena rientrata sulla Terra dopo il viaggio nello Spazio a bordo di un razzo Blue Origin di Bezos. Un equipaggio stellare tutto al femminile, decollato dal Texas e in volo per 11 minuti. Il tutto accompagnato da una domanda non proprio amichevole e perciò nient’affatto gradita ai fan della popstar: «Possiamo rimandarla indietro?». Ossia nello Spazio.
Un potenziale rischio reputazionale che ha fatto correre ai ripari l’azienda, anche perché i fan numericamente non sono da sottovalutare: come dato aggregato sulle principali piattaforme social superano i 250 milioni. Insomma, un esercito connesso. «Portiamo sempre un po’ di pepe nei nostri contenuti social, ma nutriamo un profondo rispetto per Katy Perry e per il suo talento fuori dal comune», ha dichiarato l’azienda a mezzo social.
Marketing memetico
Così attuali e così ancorati alla prima era social. Eppure questo effetto evergreen non deve stupire. «Il linguaggio memetico viene utilizzato con costanza da governi, partiti politici e istituzioni. Quando questo fenomeno è iniziato, durante il primo mandato Trump, si trattava di provocazioni sparse. Il giornalista Tanner Green le definì efficacemente «shitpost diplomacy». Oggi invece è una strategia di comunicazione rodata soprattutto per i governi di destra. Per quanto riguarda le aziende, hanno cavalcato l’onda dei meme da subito e non hanno mai smesso. Forse l’uso di questo linguaggio si è raffinato con il tempo anche per una questione generazionale», afferma Valentina Tanni, docente di meme culture and aesthetics alla John Cabot University di Roma e autrice di «Memestetica – Il settembre eterno dell’arte» edito da Nero.
Progetti multimediali che diventano efficaci per i consumatori. «La potenza del linguaggio memetico è innegabile: i meme sfruttano l’umorismo, la velocità e la capacità di comunicare idee e sentimenti in maniera sorprendentemente precisa. Quelli che hanno maggior successo sono in grado di risuonare con il sentire di tante persone. Si tratta di quelli che entrano in relazione con gli utenti. Quando ricondividiamo un contenuto, in un certo senso ce ne appropriamo, aggiungendo il nostro nome all’interno di una lunga catena. Aderiamo a un coro di voci che trasmettono lo stesso messaggio, rinforzandolo», precisa Tanni.
Fonte: Il Sole 24 Ore