
Vendemmia abbondante, Fedagri Confcoop: «Allarmi eccessivi, servono misure mirate»
«Il vino italiano di tutto ha bisogno tranne che di una decrescita felice». Nel dibattito sulla vendemmia con una produzione in crescita rispetto agli ultimi due anni che si andrà ad aggiungere a giacenze di vino invenduto ancora elevate e alle preoccupazioni di mercato dominate dall’incognita dazi, interviene il presidente di Fedagri-Confcooperative, Raffaele Drei. Quello di Drei è un angolo visuale privilegiato sul mondo del vino visto che dall’universo della cooperazione dipende oltre il 50% della produzione vinicola italiana.
«La produzione – ha aggiunto Drei – sarà di certo superiore a quella degli ultimi due anni nei quali sono stati riscontrati prima problemi climatici e poi difficoltà fitosanitarie che hanno tagliato i raccolti. Ma non vedo uno scenario di eccesso di offerta. Lo scostamento a fine vendemmia non sarà rilevante come non mi risultano giacenze in crescita. Anzi il mercato richiede più mosti d’uva per l’arricchimento e una fetta di produzione probabilmente sarà dirottata verso questo specifico segmento produttivo. Insomma, io non sono pessimista. Non nascondo che ci sono difficoltà ma queste non possono essere risolte semplicemente tagliando la produzione. Anzi. Sono convinto che le difficoltà del vino italiano non possano essere addossate solo all’anello produttivo. Se ne deve fare carico l’intera filiera adottando misure anche sul fronte dell’allargamento dei mercati di sbocco».
Uno degli snodi cruciali infatti è proprio a valle della filiera con i dazi Usa, ma anche con consumi che in genere non sono brillanti e vedono alcune categorie di prodotto, come i vini rossi, più in difficoltà di altre. «Il tema delle difficoltà di mercato – spiega ancora Drei – non è generalizzato ma riguarda solo alcune tipologie di vino. Le grandi denominazioni non sembrano in sofferenza. In alcuni territori e per alcuni prodotti può essere, invece, necessario adottare provvedimenti dedicati. Faccio riferimento soprattutto a chi produce vini Doc Rossi e quindi Piemonte, Toscana, Abruzzo o come la stessa Emilia con i Lambruschi. In questi territori occorrono provvedimenti come sostegno allo stoccaggio, sostegno finanziario alle imprese e distillazione. Ma servono misure selettive e centrate sulle reali difficoltà e non tagli generalizzati».
L’Unione italiana vini ha proposto una sospensione delle autorizzazioni all’impianto. Di fatto l’Italia è l’unico paese europeo che negli ultimi anni ha incrementato la propria superficie vitata. In altri paesi i vigneti si espiantano.
«Penso che dalle nuove autorizzazioni vadano escluse le aree in crisi – prosegue il presidente di Fedagri –. È un controsenso piantare vigneti in un bacino produttivo che ha chiesto la distillazione di crisi. Quindi sono d’accordo nel sospenderle, ma sempre in maniera selettiva e con una deroga per i giovani imprenditori. In agricoltura abbiamo un grande bisogno di ricambio generazionale e se un giovane vuole entrare nel mondo del vino sarebbe un boomerang ostacolarlo».
Sullo sfondo resta il tema delle rese dei vini generici che il Testo Unico del vino del 2016 puntava a limitare a 300 quintali a ettaro mentre invece grazie alle deroghe in molte aree si continua a viaggiare sui 400 quintali. «Ma anche in quel caso – ha aggiunto Drei – occorre selettività. Anche nel segmento dei vini da tavola a soffrire sono i rossi. Va molto meglio per i bianchi e in particolare i frizzanti. Tagliare le rese in maniera indiscriminata per il settore dei vini comuni rischierebbe di aprire spazi di mercato ai nostri competitor senza alcun ritorno positivo per il vino italiano. La decrescita felice non esiste».
Fonte: Il Sole 24 Ore