
Vendemmia da record, ma c’è il nodo consumi
«Mentre i viticoltori italiani sono preoccupati per i dazi Usa, per l’azzeramento del mercato russo, per l’elevato livello delle giacenze, per i giovani che non bevono vino e per le campagne antialcol dell’Oms, sta per arrivare una delle migliori vendemmie di sempre».
Ne è convinto Attilio Scienza, per decenni ordinario di viticoltura ed enologia all’Università di Milano. «Si profila una vendemmia ottima – spiega – sia in qualità sia in quantità. Dopo due annate scarse torneremo vicino ai 50 milioni di ettolitri (Assoenologi, Ismea e Uiv daranno le stime ufficiali il 10 settembre ndr). Ma, soprattutto, sarà una vendemmia di qualità. Il caldo di giugno e luglio ha favorito ovunque un’ottima maturazione delle uve. Poi ad agosto, quindi al momento giusto, sono arrivate le piogge. Anche al Sud e in Sicilia dove spesso bisogna fare i conti con la mancanza d’acqua. Quest’anno non vedo regioni con criticità. Tutti hanno materie prime di qualità con uve che presentano giusto ph e grande presenza di aromi».
Secondo Scienza grandi aspettative ci sono in Franciacorta dove l’annata è trascorsa senza grandine né gelate primaverili. In Oltrepò si raccoglierà Pinot Nero e Croatina di grande qualità. Soddisfazione per la vendemmia si registra in Veneto (in particolare per Valpolicella e Prosecco) e in Friuli per il Pinot Grigio. La Toscana, con ogni probabilità, sarà tra le poche aree che raccoglieranno meno uva perché autonomamente molti produttori hanno ridotto le rese e quindi la produzione. Ottime prospettive per il Verdicchio nelle Marche. «Nel complesso – aggiunge Scienza – prevedo una vendemmia da segnare sul calendario».
E molto grazie al clima. «Spesso si parla degli effetti negativi del cambiamento climatico – prosegue – ma ci sono anche effetti positivi. Il caldo prolungato ha favorito una perfetta maturazione delle uve che in passato, soprattutto al Nord, non maturavano mai. Fino agli anni 80 in Italia si producevano vini pessimi proprio perché le uve non maturavano a sufficienza e bisognava intervenire in cantina. È così che è nato lo scandalo del vino al metanolo. Da allora però abbiamo cambiato rotta: la ricerca ha reso disponibili cloni efficienti per produrre in modo omogeneo, forme di allevamento che favoriscono la capacità fotosintetica delle piante, porta innesti che reagiscono allo stress idrico e alla mancanza di minerali. Il clima resta decisivo, ma gli investimenti hanno aiutato».
Il prodotto e la qualità ci sono, quello che manca è il mercato. «Bisogna produrre meno. Si autoregolamentano i produttori delle grandi Doc ma non sono Barolo, Brunello ad avere problemi. Il problema sono i vini comuni prodotti in pianura con rese da 400 quintali ad ettaro contro i 40 delle grandi denominazioni. Quelli non portano valore al vino italiano né reddito ai produttori con uve pagate pochissimo». Le difficoltà non sono solo a monte, ma anche a valle della filiera con un mercato asfittico. Preoccupano i giovani che non bevono vino il che si tradurrà meno consumatori in futuro. «Per avvicinare giovani e meno giovani al vino – conclude Scienza – è importante la leva del turismo. Ma va invertita la tendenza. Il vino non deve più essere di accompagnamento ai piatti o un addendum a una visita a un borgo. Il vino deve diventare il perno di una nuova strategia».
Fonte: Il Sole 24 Ore