
Via al 65° Salone nautico di Genova. Dazi ed export al centro dell’attenzione
Si è aperto a Genova, con la cerimonia inaugurale sulla terrazza del padiglione Jean Nouvelle, nel cuore del waterfront di Levante (ridisegnato da Renzo Piano), il 65° Salone nautico internazionale, che proseguirà fino al 23 di settembre. La kermesse, su nove chilometri di banchine, conta oltre mille barche in esposizione, 23 nuovi cantieri, espositori da 45 Paesi, 123 novità e 96 première; e rappresenta un settore che, secondo i report di Confindustria nautica, negli ultimi 10 anni ha visto l’export crescere del 119%, il doppio della media dell’intero manifatturiero, fino a raggiungere i 4,6 miliardi di euro.
Mercato interno, yacht e superyacht, esportazioni, sono i temi al centro del convegno che ha aperto il boat show, durante il quale hanno preso la parola il presidente di Confindustria, Emanuale Orsini, i ministri delle Imprese e del Turismo, Adolfo Urso e Daniela Santanchè, il viceministro dei Trasporti, Edoardo Rixi, il presidente di Ice Agenzia, Matteo Zoppas e, ovviamente il padrone di casa, presidente di Confindustria nautica, Piero Formenti.
La nautica, ha detto Orsini, «è un settore che sta crescendo, dietro ha una filiera lunghissima di fornitori e questo è il bello del nostro Paese». Tuttavia, ha spiegato, rischia di essere penalizzato dalla politica commerciale americana, con l’imposizione di dazi, così come dall’indebolimento del dollaro. «Per questo – ha aggiunto – serve che l’Europa agisca, emettendo degli Eurobond, per far sì che le sfide che abbiamo davanti siano messe a terra, e sostenendo la transizione ambientale ed energetica, ma attraverso la neutralità tecnologica. Se l’Europa penalizza questo comparto come ha penalizzato l’auto, avremo un problema».
Formenti, da parte sua, ha manifestato l’auspicio che l’edizione 2025 del Nautico, possa «superare i numeri di dell’anno precedente, per portare sempre più visitatori da tutto il mondo alle nostre industrie e ai loro dipendenti».
Sulla questione dei dazi, Urso ha affermato che questi «forniscono almeno un elemento di certezza e comunque non sono tali da scoraggiare il mercato americano e la sua penetrazione. I dati dimostrano che gli americani al prodotto italiano non vogliono rinunciare. Ci sono, peraltro, i nuovi mercati emergenti su cui stiamo lavorando, ad esempio il Qatar, gli Emirati e l’Arabia Saudita. E fra tutti Australia e il sud est asiatico e in prospettiva anche l’America latina».
Fonte: Il Sole 24 Ore