
Via libera alla rinuncia dell’immobile anche senza conformità catastale
La sentenza delle Sezioni unite 23093/2025 (si veda Il Sole 124 Ore del 13 agosto) che sancisce, in ogni caso e senza eccezioni, la perfetta liceità dell’atto di rinuncia al diritto di proprietà immobiliare, comporta rilevanti conseguenze sotto il profilo della concreta applicazione professionale del consistente apparato teorico illustrato nelle sue oltre cinquanta pagine.
Infatti, la richiesta ai notai di stipulare atti di rinuncia al diritto di proprietà immobiliare è assai frequente per la ragione che esistono innumerevoli situazioni nelle quali il proprietario non solo non trae alcuna utilità dai fabbricati e dai terreni di cui è titolare, ma deve pure sostenere costi spesso non irrisori: a parte l’Imu, si pensi all’assicurazione per il caso di danni provocati dall’immobile, agli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, alla messa in sicurezza di terreni franosi o di fabbricati pericolanti oppure al taglio di alberi che minacciano la circolazione stradale o le linee elettriche eccetera. Assai spesso si tratta di casi nei quali il proprietario non riesce a reperire (neppur pagandolo) un acquirente né un donatario per disfarsi di queste situazioni.
Dissolto lo scontro tra prassi professionale e Demanio
Per fronteggiare questa esigenza, la dottrina professionale ha iniziato a occuparsi della problematica della rinuncia ai beni immobili nel 2014 a seguito di uno studio del Consiglio nazionale del notariato (n. 216-2014/C commentato dal Sole 24 Ore il 25 aprile 2014) che sdoganò questi atti di rinuncia, anteriormente mai stipulati, supportandoli con un appropriato ragionamento che ne attestava la liceità.
L’entusiasmo iniziale dei proprietari di immobili fastidiosi fu però ben presto sopito dalla notevole avversione degli uffici demaniali a “subire” l’acquisto di tali immobili (l’articolo 827 del Codice civile sancisce infatti che la rinuncia alla proprietà immobiliare ne provoca l’automatico acquisto da parte dello Stato): le argomentazioni di questa ritrosia erano molteplici e gravi, spaziando dalla affermazione di nullità dell’atto di rinuncia (per illiceità della causa, illiceità del motivo, frode alla legge o abuso del diritto), alla minaccia della risarcibilità del danno derivante allo Stato dall’atto di rinuncia in quanto ritenuto emulativo. La sentenza 23093/2025 riferisce che all’agenzia del Demanio risultano istruite 128 pratiche di rinuncia abdicativa (evidentemente non gradite dall’Agenzia stessa), di cui 89 pendenti in giudizio e 39 in fase stragiudiziale; questi casi sono ora tutti risolti in automatico ed è prevedibile che, alla ripresa post-ferragostana, si dovrà fronteggiare la massa delle situazioni che sono finora rimaste congelante per l’incertezza della sorte che avrebbero potuto avere gli atti di rinuncia.
Conformità catastale
La sentenza 23093/2025 afferma che, essendo la rinuncia al diritto di proprietà immobiliare un atto unilaterale non traslativo (l’acquisto dello Stato si verifica a titolo originario), non si devono anzitutto applicare le norme in tema di conformità catastale dei fabbricati, i quali possono, di conseguenza, essere rinunciati anche se hanno una situazione catastale (censuaria o planimetrica) non conforme allo stato di fatto.
Fonte: Il Sole 24 Ore