Vino, aziende agricole diminuite di un terzo in 10 anni. Prezzi saliti del 6,2% dal 2021

I prezzi del vino sono aumentati del 6,2% tra 2021 e 2023, ma al contempo hanno dovuto assorbire incrementi con crescita dei costi a doppia cifra: il +52,4% per l’energia, il +50,4% per concimi e ammendanti, il 28,6% per le sementi e il 22,3% per gli antiparassitari. Incrementi significativi anche se non a doppia cifra si registrano poi con l’8,9% per la manutenzione e riparazione macchine, e il 5,9% per la manutenzione e riparazione fabbricati rurali. È quanto emerge dall’Osservatorio del mondo agricolo Enpaia-Censis “Il consumo di vino per generazioni. Analogie e differenze dei modelli di consumo per età” presentato a Vinitaly.

Dalla ricerca emerge inoltre che le aziende agricole con coltivazione di vite erano 388.881 nel 2010 e sono diventate 255.514 nel 2020, con una riduzione di oltre il 34%. La superficie coltivata si è invece ridotta di solo il 5%, con un balzo del 44% degli ettari per azienda. In sintesi: meno aziende, significativamente più ampie. Le imprese industriali impegnate nella produzione di vino sono anch’esse diminuite del 3% rispetto al 2012 e nel 2021 erano 1.775, mentre gli addetti sono aumentati di quasi 4 mila unità, con +22,6%.

Il 96,5% degli italiani preferisce il vino italiano, quota che resta alta trasversalmente alle generazioni e l’83,1% dei consumatori predilige vini Dop e Igp. Per il 96,2% degli italiani il vino italiano rappresenta la qualità, per il 96,1% il gusto, per il 93,8% la tradizione, per il 92% l’identità e per l’84,4% la sostenibilità.

Il 54,8% degli italiani afferma che la scelta di un buon vino lo emoziona: lo dichiara in particolare il 53,7% dei giovani, il 64,8% degli adulti e il 37,8% degli anziani. Il 93,8% pensa che si può educare a bere vino con moderazione e responsabilità: condivide tale convinzione l’88,4% dei giovani, il 94,3% degli adulti e il 96,9% degli anziani. Non sorprende che il 75,3% degli italiani è contrario alle iniziative che demonizzano il vino, addirittura nelle etichette. Condividono tale rigetto il 66,5% dei giovani, il 79,4% degli adulti e il 73,8% degli anziani.
In venti anni si registra un aumento della quota di consumatori tra 18 e 34 anni e una riduzione di quelle tra 35-64enni e longevi con almeno 65 anni.

Fonte: Il Sole 24 Ore