Virgin di Lorde: il corpo come manifesto

Virgin di Lorde: il corpo come manifesto

Ella Marija Lani Yelich-O’Connor è esplosa nel 2013 con il singolo “Royals”, scritto in mezz’ora nella sua casa di Auckland e registrato durante le pause dalla scuola con il produttore Joel Little. La sua ascesa era cominciata però quattro anni prima, quando, appena tredicenne, vince un talent show scolastico grazie alla cover di “Warwick Avenue” di Duffy. Il video arriva alla Universal, che la mette subito sotto contratto. Il debutto del 2013, “Pure Heroine”, mostrava l’abilità di un’adolescente di mescolare riferimenti oscuri come Burial e SBTRKT con la brezza pop di Lana Del Rey e della prima Florence Welch; la frivolezza della sua età con una scrittura piuttosto matura. Quattro anni dopo, con “Melodrama”, Lorde alza ulteriormente l’asticella, circondandosi in produzione di fuoriclasse come Jack Antonoff e mostrandosi senza orpelli. Amore, sessualità e crisi d’identità sono servite su di un piatto pop declinato in tutte le sue sfumature, dall’elettronica al cantautorato. Meno apprezzato dalla critica, “Solar Power” del 2021 offriva un po’ di leggerezza in un periodo segnato ancora dalla pandemia, anche se risultava meno brillante e più controllato rispetto ai precedenti dischi. Dopo aver ascoltato la sua cover di “Life on Mars” ai Brit Award del 2016, David Bowie non aveva avuto problemi a considerare Lorde «il futuro della musica», ed è forse questa investitura ad aver aumentato le aspettative sull’artista neozelandese.

Virgin: la genesi di una confessione

Dopo il silenzio seguito a “Solar Power”, Lorde si è ritirata nel proprio spazio interiore, attraversando una lunga fase di autoanalisi. L’incontro-scontro con Charli Xcx per il remix di “Girl, So Confusing” ha scatenato un confronto aperto su insicurezze e la pressione dell’industria musicale. Il lavoro sul nuovo materiale è coinciso con un’esplorazione profonda dell’identità di genere e della sessualità, resa possibile anche da terapie psichedeliche a base di MDMA e psilocibina. Il percorso ha portato Lorde all’idea di “Virgin”, alla riscoperta dell’accezione originale del termine, che secondo alcuni, indicava una donna non legata a un uomo, ma libera: «una in sé stessa». Vergine, quindi, in quanto forte e indipendente. Lorde lo è diventata attraversando una rottura sentimentale, un disturbo alimentare e abbracciando la riscoperta del proprio corpo. Ha confessato a Rolling Stone che il suo gender «è diventato molto più fluido» da quando ha concesso più spazio alla sua fisicità.

Una rivoluzione chiamata Virgin

La copertina di “Virgin” è una radiografia di un utero in cui si vede anche una cerniera e una spirale. Il disco è coprodotto dalla stessa Lorde e da Jim-E Stack, con cui l’artista ha scritto i brani del suo quarto disco a New York nel 2024. I testi rivelano la ritrovata libertà di O’Connor, incurante delle reazioni a testi crudi, schietti e lontani da qualsiasi confort zone. «Alcuni giorni sono una donna, alcuni giorni sono un uomo» canta nella iniziale “Hammer”. Il primo singolo ad anticipare il disco, “What Was That” riporta l’euforia da dancefloor in un’atmosfera notturna e minimale, mentre l’altro biglietto da visita di “Virgin” è stato “Man of the Year”, una ballata intima che diventa sempre più fisica e viscerale, come il video che l’accompagna. Brutalmente sincera, come uno dei migliori album del 2025.

Fonte: Il Sole 24 Ore