West Nile: cresce l’allerta con 8 ricoveri in Campania e altri due casi nel Lazio

West Nile: cresce l’allerta con 8 ricoveri in Campania e altri due casi nel Lazio

Due nuovi casi nel Lazio, dove si è registrato anche il decesso a Latina nei giorni scorsi, otto in Campania, con 4 persone in rianimazione, mentre in Veneto sono 4 i casi accertati a partire dalla seconda settimana di luglio. Il virus West Nile si sta allargando a macchia d’olio nelle aree più a rischio dell’Italia, quelle umide, costiere e lagunari. “E’ un’infezione che conosciamo già da tempo e che abbiamo affrontato anche l’anno scorso a livello nazionale – afferma Alessandro Perrella, direttore dell’UOC di Infettivologia dell’Ospedale Cotugno di Napoli -. Le manifestazioni sono simili all’influenza mentre in qualche caso, per i soggetti che hanno una predisposizione per un immunodepressione, si può ricorrere all’ospedalizzazione, però al momento nessun allarmismo. Non mi pare si siano verificati mai, in passato, focolai che abbiano potuto destare preoccupazione a livello globale, quindi io non sarei preoccupato”.

Anche per il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, “non ci sono motivi per allarmi particolari. “Stiamo esaminando bene le caratteristiche generiche di questi virus nuovi che arrivano sottolinea -. Non abbiamo focolai estesi, abbiamo singoli episodi che sono assolutamente sotto controllo. Ovviamente dovremo seguire con l’attenzione necessaria ma abbiamo tutte le risorse tecnico-scientifiche per tenere sotto controllo la situazione”.

Sintomi lievi o assenti, difficile stimare la diffusione del virus

Ma cosa sta favorendo la diffusione del West Nile? “Colpa delle piogge intense seguite da ondate di caldo e delle rotte migratorie degli uccelli – spiega la Società italiana di medicina veterinaria preventiva – che hanno favorito la proliferazione delle zanzare e l’amplificazione del ciclo di trasmissione del virus West Nile”. Un esempio chiaro di quanto la salute umana, animale e ambientale siano interconnesse. In Italia, il virus è endemico, in particolare in Emilia-Romagna e Veneto mentre il recente cluster epidemico in Campania, “potrebbe contare già alcune centinaia di casi asintomatici, considerando che solo l’1-2 % delle infezioni provocano il ricovero ospedaliero”. “Il problema è che i sintomi sono spesso lievi o assenti, per questo è difficile stimare la reale diffusione del virus – afferma Antonio Sorice, presidente Simevep -. Quel che è certo è che solo un approccio One Health può garantire una risposta efficace, fondata su sorveglianza integrata e collaborazione multidisciplinare”. Per questo sono in campo anche gli Istituti zooprofilatici sperimentali, a partire da quello di Lazio e Toscana che secondo il commissario Stefano Palomba, “sta eseguendo analisi e rilievi in un raggio di cinque chilometri nella zona in cui si è verificato il caso purtroppo fatale a Latina”.

I dati condivisi con i centri per i trapianti e le donazioni di sangue

Dal 2018 sono stati notificati oltre 247 casi umani autoctoni di forme neuro-invasive. Il Piano nazionale di prevenzione arbovirosi 2020-2025, promosso dal ministero della Salute, prevede una sorveglianza integrata uomo-animale-ambiente. Fondamentale il ruolo dei servizi veterinari, che monitorano la presenza del virus in uccelli selvatici, cavalli e zanzare, segnalando precocemente le zone a rischio. “In alcuni casi il virus è stato rilevato nei vettori anche nove giorni prima del primo caso umano, a dimostrazione dell’efficacia della sorveglianza veterinaria – sottolinea Maurizio Ferri, coordinatore scientifico di Simevep -. I dati raccolti vengono condivisi in tempo reale con il Centro nazionale sangue e il Centro nazionale trapianti per attivare misure di sicurezza su donazioni e trapianti”.

Fonte: Il Sole 24 Ore