A Monteponi si è fatta la storia delle miniere

Un viaggio nella storia. Dove la tecnologia, l’arte mineraria e la crescita economica portano anche benessere e si sposano con un universo in cui lo sviluppo sociale si intreccia con quello industriale. Una parabola che parte nel 1850 e termina ai primi del 2000. Centocinquant’anni di storia che Mauro Buosi, geologo con lunga esperienza nel settore estrattivo, ricostruisce nel suo libro “Monteponi, storia di una società mineraria in Sardegna dal 1850 alle soglie del 2000” (per Isolapalma).

Galena argentifera

In poco meno di 500 pagine il geologo, che in passato ha realizzato anche altri due libri (Pertusola e Porto Flavia) ripercorre le vicende della società, e di tutto un universo umano che ha ruotato attorno, «lasciando il segno nel mondo industriale e minerario». Attraverso la ricerca negli archivi, la catalogazione e analisi di documenti ufficiali riesce a tracciare un quadro preciso che non si limita alla sola attività della azienda mineraria, l’estrazione di galena argentifera (la materia prima da cui si ricava dopo un processo di lavorazione articolato piombo e argento).

11 maggio 1920

Nelle pagine del libro ricostruisce l’evoluzione e il progresso economico, industriale e tecnologico di un territorio, per anni votato proprio allo sfruttamento delle risorse minerarie. In questo viaggio non ci sono solamente i progetti che raccontano il lavoro compiuto sottoterra, spingendosi a centinaia di metri di profondità, andando anche sotto il livello del mare, ma anche quel cosmo che ruotava attorno. Gioie e dolori che hanno caratterizzato e contribuito a modificare un viaggio durato appunto 150 anni. Dalla rievocazione dei fatti dell’11 maggio 1920, la protesta dei minatori culminata con l’uccisione di 5 minatori e 26 feriti ad Iglesias alla costruzione della ferrovia privata Monteponi Porto Vesme.

Poi i cambiamenti, la crescita e l’apertura verso la città che si espande, e l’azienda mineraria che, molto spesso, con il suo stato sociale si sostituisce al pubblico garantendo servizi non solo ai suoi dipendenti ma all’intera comunità, con strutture sportive, supporto alla scuola per la formazione dei periti minerari e servizi sanitari. Poi le borse di studio per i figli dei minatori, l’economia che funziona e la crescita economica con i minatori che abbandonano le biciclette per acquistare le auto. Viaggio nella memoria attraverso foto, la riproduzione di documenti storici, progetti e testimonianze che arrivano sino agli anni 90, quando inizia il declino e si avvia il processo di chiusura. Proprio quando i progetti degli anni 80, per un rilancio del settore con nuove iniziative, arrivano al capolinea e si inizia un percorso che porterà allo spegnimento delle idrovore che “asciugano” le gallerie e i pozzi scavati sotto il livello del mare. E quindi quello che resta oggi: un’eredità pesante composta da edifici, in piccola parte utilizzate e in larga parte pericolanti, oltre che aree da bonificare e risanare. Un nuovo mondo che, come sottolinea l’autore, «non può prescindere dal passato ma proprio da lì dovrebbe partire».

«A Monteponi si è fatta la storia dell’attività mineraria e industriale non solo della Sardegna ma dell’intera Italia – commenta Buosi – questo lavoro vuole ricostruire un pezzo importante di quel passato che sarebbe bene recuperare e valorizzare. Iniziando anche dalle strutture che ancora si possono salvare, in una prospettiva di crescita e sviluppo».

Fonte: Il Sole 24 Ore