Allarme microfibre nei mari: quelle di poliestere hanno raggiunto anche il Polo Nord

Lo scorso giugno uno studio dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismar), in collaborazione con un team di ricercatori sudafricani e australiani, aveva già denunciato questa invasione di microfibre, ma sottolineando che solo l’8% di esse era sintetico, il resto era naturale, come lana e cotone: lo studio, pubblicato su Science Advances, ha analizzato 916 campioni di acqua di mare durante cinque spedizioni internazionali condotte in 617 località.

«Mentre la produzione globale di fibre tessili, naturali incluse, è più che raddoppiata in tutto il mondo negli ultimi 20 anni, raggiungendo 107 milioni di tonnellate prodotte nel 2018, quelle sintetiche dominano il mercato del tessile solo a partire dalla metà degli anni ’90», aveva commentato Giuseppe Suaria, ricercatore del Cnr-Ismar e coordinatore dello studio.

Sempre il Cnr, stavolta in collaborazione con l’università di Plymouth, ha dimostrato come il semplice indossare tessuti in poliestere possa rilasciare nell’ambiente una quantità di microfibre tre volte maggiore di quella rilasciata da un lavaggio: 900 milioni all’anno contro 300.

Se probabilmente non sarà mai possibile sostituire tutte le fibre sintetiche con quelle naturali, tuttavia questi dati sono un forte richiamo per le industrie tessili a creare fibre sintetiche che siano più “smart” e resistenti all’usura. Da parte nostra, possiamo dare un contributo seguendo cinque regole suggerite dalla stessa Ocean Wise:

1. Lavare i capi meno spesso
2. Comprare tessuti durevoli e limitare il fast fashion
3. Usare una lavatrice a carico frontale (usa meno acqua ed energia di una a carica dall’alto)
4. Comprare un filtro per la lanugine da mettere in lavatrice
5. Chiedere alle aziende di abbigliamento di usare e produrre tessuti resistenti. E che questo è importante per i consumatori

Fonte: Il Sole 24 Ore