Apple App Store, una storia (tech) miliardaria che oggi guarda al mondo virtuale

Una passaggio nell’economia tech che non può non passare alla storia: era il 10 luglio 2008 e Steve Jobs annunciava a Usa Today la nascita dell’App Store, il negozio delle applicazioni di terzi parti dedicato all’iPhone e all’iPad. Ne conteneva 500 e nella prima settimana i download conclusi dai fedelissimi della Mela furono 10 milioni. A metà gennaio 2009 la società di Cupertino ufficializzò il traguardo delle 500 milioni di applicazioni vendute e per la miliardesima si dovette aspettare poco, il 23 aprile. Numeri importanti, che segnano la storia di Apple ma anche quella dell’industria tecnologica nel suo complesso, perché con il lancio dell’App Store è nata l’app economy e ha preso corpo una rivoluzione che forse non ha avuto eguali nei 15 anni successivi, nei quali il cloud computing e i Big Data sono diventati le pietre miliari per un processo di innovazione che ha viaggiato sempre più velocemente, ma forse senza l’effetto “disruptive” che hanno avuto il negozio digitale di Apple e quello della grande rivale Google. Fino a oggi, almeno, con l’entrata in campo dell’intelligenza artificiale generativa e gli impatti che questa tecnologia avrà sulle persone, sui lavori, sui processi aziendali e sui modelli di business.
Come sempre molto abile a sfruttare le ricorrenze, la comunicazione di Apple ha approfittato dell’ormai imminente WWDC edizione 2023 (la conferenza annuale per gli sviluppatori in programma il 5 giugno) per mettere in risalto i risultati raggiunti dallo Store alla vigilia del suo quindicesimo compleanno. Fra le tante cifre sciorinate da Cupertino, la più importante resta quello del valore di questo ecosistema: il giro d’affari nel 2022 (stando ai dati raccolti da Analysis Group) ha toccato quota 1,1 trilioni di dollari, con un salto in avanti del 29% rispetto al 2021. Una cifra enorme, che ha sostenuto i conti del colosso californiano tanto e quanto (con le dovute proporzioni) le vendite degli iPhone e che ha trovato linfa vitale nell’assidua opera di aggiornamento del catalogo delle app proposte.

Quante app ci sono nel negozio della Mela?

Oggi l’App Store conta di circa 1,8 milioni di app, un numero 123 volte superiore rispetto alle migliaia disponibili alla fine del 2008 e che si attende possa crescere repentemente nei prossimi mesi in relazione all’atteso lancio del primo visore di realtà mista di Apple, che dovrebbe aprire il fronte a una nuova generazione di applicazioni. Pochi sanno, forse, che nel corso degli anni il numero di app rigettate da Apple per motivi di sicurezza, qualità delle performance, design scorretto o implicazioni legali è stato altrettanto importante (sfiora gli 1,7 milioni) e solo una porzione di queste sono state ri-approvate in un secondo momento, dopo che gli sviluppatori hanno apportato le necessarie modifiche per la loro pubblicazione. In altre parole, gli ingegneri di Cupertino hanno bloccato centinaia di migliaia di app-truffa prima che arrivassero sull’App Store (qualcuna è sfuggita ai controlli ma si tratta di eccezioni) e ne ha rimosse dall’apertura del negozio a oggi poco meno di 200mila (perché non più conformi alle linee guida del marketplace) per preservare l’integrità e la reputazione della piattaforma e dell’intero ecosistema.

Dal lancio di iPhone alla nascita dell’app economy

Se l’App Store ha avuto il successo che ha avuto, il “merito” è dell’altra grande rivoluzione che Jobs ha estratto dal cilindro nel corso della sua seconda vita dentro Apple. Il primo modello di iPhone vide la luce nel 2007 e con esso il software iOS e il magico mondo delle app per smartphone. Aneddoto curioso: nelle prime versioni del sistema operativo l’app dedicata all’App Store non era integrato perché secondo le intenzioni iniziali di Jobs gli sviluppatori avrebbero potuto creare web-app per il melafonino senza usare kit di sviluppo. La scelta venne presto ripudiata e l’introduzione di un SDK dedicato l’anno successivo, in vista del lancio dell’iPhone 3G, segna di fatto la nascita del negozio digitale. La sua fortuna è legata quindi a strategie di matrice tecnologica ben precise, come quella (del 2009) che introdusse lapossibilità di inserire acquisti in-app per gli sviluppatori, dando il là a un modello di business, quello freemium, ancori oggi è il più utilizzato (circa il 96% delle app esistenti sono infatti gratuite). Un’altra tappa importante risale al 2010, l’anno del debutto del primo iPad con un suo App Store dedicato, con tanto di 2mila applicazioni disponibili al momento del lancio (numero che triplicò nel giro di pochi mesi). E poi il 2011, quando fu lanciato il Mac App Store, dal quale furono scaricate un milione di app in un solo giorno: da lì in avanti i nuovi computer iMac e Macbook, avrebbero via via eliminato i lettori ottici per Dvd e Blu-Ray e puntato decisamente sul download di qualsiasi app tramite App Store o da altri store e servizi online. Complessivamente, dal 2008 al 2022, il giro d’affari degli sviluppatori iOS ha superato sull’App Store i 320 miliardi di dollari (fra i developer che nel 2021 hanno guadagnato oltre un milione di dollari, il 45% appena cinque anni prima non proponeva alcuna app o fatturava con il negozio meno di 10mila dollari), l’economia che ruota intorno alle app per iOs ha dato lavoro a qualche milione di persone solo in Europa (fra Web designer, programmatori, creativi e altre figure) e i dispositivi dell’ecosistema che beneficiano delle app a catalogo sono 1,8 miliardi in 175 Paesi. Non ci vuole molto ad intendere che nel luglio del 2008 è successo qualcosa di importante per la storia dell’industria tecnologica. Storia nella quale ChatGPT e le intelligenze artificiali generative sono arrivate prepotentemente a chiedere spazio.

Fonte: Il Sole 24 Ore