Auto elettriche, domanda debole nel 2024. Ma l’endotermico può salvare i conti

La rivoluzione elettrica dell’auto frena. I segnali arrivano da qualche settimana. Prima l’allarme di Elon Musk, a metà ottobre, sulle ripercussioni degli alti tassi d’interesse e delle tensioni geopolitiche che hanno imposto un ripensamento sui tempi della nuova gigafactory di Tesla in Messico. A inizio novembre Volkswagen ha bloccato il progetto per la quarta gigafactory dedicata alle batterie, nell’Est Europa. La stessa Volkswagen venerdì scorso ha fermato per tre settimane la produzione nelle più importante fabbrica di auto elettriche del gruppo, a Zwickau. Il volume degli ordini di veicoli elettrici del gruppo di Wolfsburg è dimezzato rispetto al 2022.

Infine, giusto lunedì 13 novembre, Stellantis ha reso noto che offrirà buonuscite o prepensionamenti a 6.400 dipendenti negli Stati Uniti per mettere in sicurezza l’azienda in «difficili condizioni di mercato» e fare fronte al nuovo contratto con la United Auto Workers, frutto dell’accordo dopo uno sciopero di sei settimane. Le buonuscite riguarderebbero circa la metà dei dipendenti statunitensi stipendiati ma non rappresentati da un sindacato.

La previsione per il prossimo biennio

Condizioni di mercato difficili. Si potrebbe ribattere: le vendite di Bev (Battery electric vehicles), per esempio in Europa, sono aumentate del 47% nei primi nove mesi del 2023. Ma il problema è il futuro immediato. «Il 2023 resta un anno abbastanza unico sotto il profilo dei margini e della generazione di cassa – commenta Vittoria Ferraris, Sector Lead Automotive EMEA di S&P Global Ratings – perché siamo sull’onda lunga dell’uscita dalle restrizioni delle forniture, che ha favorito un aumento dei prezzi un po’ a tutti i livelli. Nel 2024 e 2025, secondo il nostro scenario, i margini si assottiglieranno e i flussi di cassa risentiranno di un aumento degli impegni sul fronte del capitale, sia per verticalizzare la catena di valore sia per favorire la transizione alle piattaforme per l’elettrico».

Modelli di business molto flessibili

Le case stanno prendendo una serie di contromisure. «Un primo segnale – continua Ferraris – è dato dalla riduzione della capacità produttiva e dal fatto che gli investimenti hanno intrapreso direzioni diverse, dal consolidamento fino a, in alcuni casi, lo standby dei volumi. Si è capito che la sfida dell’elettrico si gioca su modelli di business molto flessibili e si vince non sui volumi ma sulla redditività, basandosi sullo sviluppo di modelli che consentono ampi margini di standardizzazione di parti in comune, in alcuni casi fino al 70%. La cost parity tra elettrico ed endotermico, che veniva stimata intorno al 2025-26, per i costruttori tradizionali è una sfida ancora da vincere e forse slitterà di qualche anno, in parte sostenuta solo temporaneamente dal pronunciato calo delle materie prime registrato quest’anno, probabilmente dovuto alla domanda più debole in Cina». Domanda solo parzialmente in ripresa nella seconda metà dell’anno, ma che non basterà a pareggiare i conti con il 2022, quando sono terminati gli incentivi statali.

Le scelte dei clienti potenziali: perché si rinvia l’acquisto

La domanda scarseggia perché, mentre i produttori (non solo Tesla) propongono forti sconti, i clienti rinviano, per una serie di ragioni. Le auto elettriche costano ancora troppo e i primi modelli entry level devono ancora arrivare. Il rivenditore britannico AutoTrader ha calcolato una differenza media di prezzo del 33% tra Bev e vetture a benzina o diesel. I tassi sono ai massimi e rischiare di investire in un oggetto ricco di tecnologie che fra due o tre anni potrebbero essere già superate non appare la scelta più saggia. Tanto più che quest’anno sul mercato dell’usato i valori residui delle elettriche sono precipitati. Il prezzo è calato del 20%, in media. Chi comprerebbe un’auto che dopo pochi mesi si deprezza vertiginosamente?

Fonte: Il Sole 24 Ore