Beretta tiene con il fatturato e vara un nuovo piano digitale

Dal vecchio Ced fino al deep learning per classificare i calci dei fucili. Il cammino verso la digitalizzazione di un gruppo come Beretta ha, come è naturale vista la sua lunga storia, radici lontane. Ma è solo negli ultimi anni che, grazie all’inserimento di una prima linea di giovani manager (tutti under 30) che la rottura di paradigma è stata definitiva e l’azienda ha raggiunto, per usare le parole di Franco Gussalli Beretta, presidente della Fabbrica d’Armi (la principale spa del gruppo) «qualcosa di impensabile pochi anni fa». Una spinta è arrivata anche dal piano Industria 4.0, grazie al quale il gruppo ha varato un piano di digitalizzazione complessivo, ribattezzato B Digital 500, del valore di 11 milioni di euro, di cui 20% a fondo perduto e un altro 60% a tassi agevolati dal sistema bancario.

Un piano triennale che si aggiunge ai circa 5 milioni mediamente spesi ogni anno in innovazione. «Oggi più che mai i dati sono diventati il vero fattore critico di successo delle aziende – spiega Gussalli Beretta, – Non solo se ne producono sempre di più, ma questi ultimi vengono utilizzati per sviluppare nuove linee di business che vanno dall’ottimizzazione dei processi produttivi, come l’industria 4.0, alla realizzazione di processi innovativi di servizio e di comunicazione al cliente. I dati rappresentano l’asset più importante per le aziende di oggi e lo saranno ancor di più nel futuro».

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L’azienda ha investito sui giovani, assumendo in cinque anni 160 persone (gli impiegati laureati sono passati dal 25% al 50% del totale) e puntando in particolare su alcuni «digital champion» per favorire il cambio di mentalità a tutti i livelli. I risultati sono tangibili in tutte le aree d’attività. Nel marketing, per esempio, si è puntato a una maggiore interazione con il cliente, nel tentativo di valorizzare quel patrimonio di conoscenze e feedback rappresentato dai clienti (350mila nel database, 800mila se si considera anche il mercato Usa), per i quali sono state aperti anche percorsi di servitizzazione, attraverso app dedicate, come è il caso di Shooting data o Doctor shooting per il tiro e, presto, con prodotti anche per il mondo della caccia. Benefici sono stati colti anche nella prototipazione, con la possibilità di effettuare test e verifiche virtuali ancora prima di costruire i prototipi. Lo sfruttamento dei benefici della lean production ha poi accelerato i risultati sul fronte produttivo (+4% l’incremento della disponibilità delle macchine, aumento del 20% della riduzione delle microperdite nascoste nei meandri delle inefficienze dei processi) e nella supply chain.

Tra tutti, l’aspetto più affascinante è forse quello del progetto B-wood, legato alla possibilità di classificare i calci dei fucili (di solito hanno sei classi di pregio, con un impatto sul costo finale con un range da 200 a 12mila euro) con l’utilizzo del deep learning, nel tentativo di risolvere il conflitto tra fornitori e clienti nella percezione di valore dell’oggetto. «Abbiamo progettato e costruito una macchina per l’acquisizione di immagini ad alta risoluzione dei nostri manufatti – spiega Andrea Cecchel, manufacturing manager -, poi abbiamo chiesto ai nostri esperti di scomporre i parametri di giudizio che li guidano nel processo di classificazione in patterns tipici, individuandone 8. È stata quindi avviata una fase di classificazione e le immagini così catalogate sono state utilizzate per l’allenamento della rete neurale. Infine, abbiamo creato uno spazio 2d che permette di collocare il manufatto coerentemente con il mix di patterns che lo compone e che consente di attribuire al calcio la classe più indicata. Al termine del processo di training – conclude il manager – il sistema è in grado di effettuare inferenze e viene testato attraverso la somministrazione di un training set». Il progetto, avviato nel 2017, dovrebbe entrare a regime quest’anno.

L’azienda, intanto, chiude il 2020 in linea con il budget, con qualche punto percentuale di crescita in più rispetto all’anno scorso, chiuso con ricavi per 210 milioni. Un risultato ottenuto però dopo un recupero eccezionale nella seconda parte dell’anno, dopo l’andamento a singhiozzo dei primi mesi, dovuto al Covid-19. «È stato un anno difficile – spiega il presidente -, la pandemia ha impattato sulla produzione e sulle vendite, ma sia la spa che il gruppo chiuderanno positivamente il bilancio. Siamo tranquilli e positivi». L’azienda ha registrato difficoltà soprattutto nella logistica e nella produzione; a livello di consumi, invece, il mercato ha mantenuto, specialmente negli Stati Uniti, una buona intonazione. Le difficoltà operative nella distribuzione, secondo le prime indicazioni, dovrebbero in parte confermarsi anche per l’anno prossimo.

Fonte: Il Sole 24 Ore