Cafezal, partenza sprint per il crowdfunding

In cinque giorni ha raccolto poco meno di 650mila euro, riscuotendo la fiducia di piccoli investitori privati e fondi di investimento. Vale a dire più della metà della soglia massima ipotizzata: 1,2 milioni. A cinque anni dall’apertura del primo punto vendita di Milano, in via Solferino, Cafezal ha lanciato una campagna di crowdfunding per sostenere nuovi investimenti: altri tre negozi in Italia, tra Milano e Roma, uno a Lisbona.

Per la caffetteria nata dall’idea dell’ingegnere italo-brasiliano Carlos Bitencourt di rivoluzionare la cultura del caffè in Italia – introducendo gli specialty coffee, la cui qualità viene valutata da sommelier specializzati – si prepara la fase dell’espansione. A partire dal capoluogo lombardo, dove sono già presenti tre insegne della piccola catena, tra il quartiere Brera, corso Magenta e viale Premuda, e dove è prevista una nuova apertura. Per poi arrivare alla capitale e sbarcare anche in Portogallo.

«Un solo investitore privato ha scommesso su di noi 100mila euro», dice Bitencourt, che dopo aver girato il mondo come consulente aziendale ha scelto Milano per mettere a frutto la sua grande passione per il caffè. «L’obiettivo non è solo quello di espanderci in Italia e all’estero ma anche di aumentare la capacità produttiva nell’ambito della pasticceria e del food e di digitalizzare l’azienda», spiega.

Azienda con un fatturato ancora contenuto (circa un milione di euro l’anno scorso) che ragiona in grande: allargare sensibilmente il perimetro di un mercato ancora di nicchia e collocato su una fascia medio-alta raccontando tutto ciò che si cela dietro una semplice tazzina di caffè, a partire dal mondo dei torrefattori, concentrati prevalentemente in America Latina. Ed è soprattutto da lì – a partire dal Brasile, primo produttore mondiale – che arriva la materia prima. Anche se Cafezal ha rapporti commerciali con vari Paesi produttori, dal Messico al Guatemala al Perù per arrivare agli Stati dell’Africa che vantano una storica tradizione nella produzione di caffè, come Etiopia e Kenya.

Rapporti che hanno consentito all’azienda di creare anche una rete di distribuzione internazionale al servizio del canale horeca, che genera il 18% dei ricavi.

Fonte: Il Sole 24 Ore