L’assemblea degli azionisti Ferrari ha promosso il 2024 del Cavalino Rampante, approvando un bilancio solido e confermando una visione proiettata verso l’innovazione e la sostenibilità. A testimoniarlo è la decisione…
Fonte: Il Sole 24 Ore
Euro a 1,09 dollari, yen in rialzo e yuan a minimi 2007. Corre Bitcoin
Variazioni importanti sul fronte dei cambi, dopo il dietrofront del presidente Usa, Donald Trump, sui dazi, che ha deciso di sospendere per 90 giorni le tariffe su 75 Paesi. Sulla Cina, invece, sono state alzate al 125%. L’euro passa di mano a 1,0981 dollari, rispetto a 1,1061 dollari della chiusura di ieri. Vola la divisa giapponese, considerata porto sicuro, con lo yen che balza dello 0,7% sul dollaro, in area 146,74. L’euro-yen si attesta a 161,24, con la moneta nipponica che si apprezza dello 0,33%. Lo yuan si attesta a 7,3499 dollari, ai minimi dal 2007. E’ in forte rialzo anche il Bitcon, che sale del 7,14% a 82.299
Tokyo vola del 9% e festeggia pausa dazi Trump
La Borsa di Tokyo ha chiuso in rialzo di oltre il 9%, in sintonia con l’euforia dei mercati asiatici dopo che Donald Trump ha annunciato una pausa su alcuni massicci aumenti tariffari, mettendo in pausa per ora alla guerra commerciale. L’indice Nikkei ha chiuso con un balzo del 9,12% a 34.609 punti, mentre l’indice Topix è balzato dell’8,09% a 2.539,40 punti. A Seul, l’indice Kospi ha chiuso in rialzo del 6,6%. La Borsa di Sydney ha chiuso in rialzo del 4,5%.
Borse cinesi positive. Pechino: «Ci batteremo fino alla fine»
Borse cinesi positive, nonostante l’escalation della tensione tra Stati Uniti e Pechino nella guerra commericale. L’indice Csi 300 di Shanghai è salito dell’1,31%, a 3.735 punti, mentre quello di Shenzhen ha guadagnato il 2,5%, a quota 1.868. In rialzo dell’1,9% Hong Kong. La mossa del tycoon, a dispetto dello stop di 90 giorni deciso per le tariffe reciproche verso decine di altri Paesi, ha messo ufficialmente la Cina nel ruolo di bersaglio principale di Washington.
Intanto, la Cina avverte gli Stati Uniti che i dazi sui principali partner commerciali avranno un «grave impatto» sulla stabilità dell’economia globale. «Gli Stati Uniti hanno annunciato l’imposizione di tariffe indiscriminate su tutti i loro partner commerciali, inclusa la Cina, il che viola gravemente i diritti e gli interessi legittimi delle aziende cinesi e compromette seriamente la stabilità dell’ordine economico mondiale», ha affermato He Yongqian, portavoce del ministero del Commercio, in una conferenza stampa. Pechino si appella a Washington per un compromesso e promette che «si batterà fino alla fine».
Loading…
Fonte: Il Sole 24 Ore
L’approccio prudente è mostrato dalla reazione di Borsa con le azioni salite di meno dell’1 per cento. Da inizio anno il titolo è crollato del 41% in linea con gli altri vettori che hanno accusato ribassi peggiori dell’indice S&P 500.
Secondo gli analisti, l’aumento dei costi e l’incertezza economica avranno probabilmente un impatto sulle intenzioni dei consumatori a spendere nei viaggi. Anche l’atteggiamento anti-americano potrebbe giocare un ruolo, con Air Canada che ha già registrato un calo dei viaggi negli Stati Uniti e Virgin Atlantic che ha avvertito un indebolimento della domanda sulle rotte transatlantiche verso il Regno Unito.
Il ceo ha sottolineato che finora l’impatto di Delta si è concentrato sulle vendite di biglietti nazionali, mentre la domanda internazionale «ha retto ragionevolmente bene». Tuttavia, ha ammesso che nei prossimi mesi si potrebbe vedere un impatto maggiore sulla spesa dei consumatori. «Sappiamo di non essere immuni e lo stiamo osservando con attenzione», ha aggiunto.
Mentre Delta ha rinunciato alle sue previsioni per l’intero anno, il vettore si è limitato a dare qualche indicazione sul secondo trimestre: l’utile rettificato nel periodo in corso sarà compreso tra 1,70 e 2,30 dollari per azione e i ricavi saranno compresi tra un calo del 2% e un aumento del 2% si legge in un comunicato. L’utile rettificato del primo trimestre di Delta è stato di 46 centesimi per azione, meglio dei 39 centesimi attesi dagli analisti. I ricavi, pari a 13 miliardi di dollari, hanno rispettato le aspettative.
Lo scenario per il vettore è cambiato improvvisamente dopo un inizio d’anno migliore del previsto. Ma Bastian ha detto che la prospettiva attuale è molto diversa da quello della pandemia, quando i timori per la salute portarono a un arresto quasi immediato della maggior parte dei viaggi. «Avendo vissuto quell’esperienza, quella attuale non la definirei affatto cupa. C’è più incertezza – ha detto – Di conseguenza, la crescita si è arrestata».
Fonte: Il Sole 24 Ore
Gli investitori intravedono spiragli di una tregua sul fronte dei dazi e i listini rialzano la testa dopo tre sedute consecutive nel caos. Prosegue la debolezza del dollaro, risalgono petrolio e oro
Fonte: Il Sole 24 Ore
Borse asiatiche recuperano in scia a Wall Street
A tarda seduta Tokyo è arrivato a guadagnare fino allo 0,34%, per poi chiudere piatta (+0,02%), mentre lo yen recupera sul dollaro, che cala 149,84 sulla valuta nipponica. Un sondaggio della banca centrale del Giappone ha rilevato un peggioramento del sentiment aziendale tra i grandi produttori. Hong Kong sale dello 0,26%, Shanghai dello 0,38%, Shenzhen guadagna lo 0,22%. La sudcoreana Seul balza di quasi il 2% mentre Taiwan è la migliore di tutta l’Asia sfiorando il +3%.
Wall Street chiude trimestre in rosso, sale attesa per dazi
Dopo aver toccato i minimi degli ultimi sei mesi, lo S&P 500 ha chiuso la seduta di lunedì in rialzo, così come il Dow Jones, mentre il Nasdaq Composite è rimasto in calo, seppur lontano dai minimi intraday. Gli investitori guardano al 2 aprile, il giorno in cui il presidente statunitense Donald Trump imporrà dazi reciproci e da lui rinominato «il giorno della liberazione». Crescono le preoccupazioni che i dazi peggioreranno l’inflazione e indeboliranno la crescita delle economie. Quella della vigilia è stata l’ultima seduta di un mese e un trimestre difficili a Wall Street, il primo con Trump di nuovo alla Casa Bianca. Lo S&P 500, dopo il record di febbraio, era sceso a marzo in correzione. A marzo, lo S&P ha perso il 5,8%, il peggior calo mensile dal dicembre 2022. Il Nasdaq ha ceduto mensilmente l’8,2%, il Dow il 4,2%. Nel trimestre, lo S&P ha perso il 4,6%, primo calo dopo cinque trimestri consecutivi in rialzo; il Nasdaq ha perso il 10,4%, il maggior calo trimestrale dal secondo trimestre del 2022.
Euro poco mosso, in lieve rialzo il petrolio
Sul valutario l’euro vale 1,0801 dollari (lunedìa 1,081) e 161,85 yen. Il cambio dollaro-yen è pari a 149,85. Il petrolio è in lieve rialzo: il wti di maggio sale dello 0,29% a 71,69 dollari al barile. Il gas lima dello 0,39% a 40,5 euro al megawattora.
Loading…
Fonte: Il Sole 24 Ore
Oro: continua rally e vola sopra 3.100 $ per prima volta
L’oro inizia la settimana all’insegna dei rialzi, proseguendo sulla via imboccata nelle precedenti sedute e volando a nuovi record, per la prima volta sopra 3.100 dollari l’oncia. Gli investitori continuano a orientarsi verso i beni rifugio, in vista della nuova ondata di dazi imposti dal presidente americano Donald Trump che scattano questa settimana, portando alle stelle il rischio di una guerra commerciale globale. L’oro spot ha toccato un massimo di 3.127 dollari, per poi riportarsi a 3.118 dollari (+0,94%), mentre i future scadenza aprile salgono dell’1,25% a 3.125 dollari, dopo avere toccato un massimo di 3.128 dollari. La scorsa settimana Trump ha imposto dazi del 25% sulle importazioni di auto negli Stati Uniti, mentre mercoledì prossimo dovrebbero scattare le tariffe reciproche. L’oro è salito di circa il 18% quest’anno, in una corsa che lo ha visto costantemente aggiornare i record. Varie banche d’affari hanno le aspettative sul prezzo del metallo prezioso, con Goldman Sachs Group che, per esempio, attende che l’oro voli a 3.300 dollari l’oncia nel 2025.
Giappone: produzione industriale torna a crescere, +2,5% a febbraio
Intanto, a febbraio la produzione industriale in Giappone è aumentata del 2,5% rispetto a gennaio, segnando il primo incremento in quattro mesi. Lo riportano i dati preliminari del ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria, secondo cui la crescita è trainata dalla forte produzione dei settori dei macchinari e dei componenti elettronici: il primo comparto ha registrato infatti un balzo dell’8,2% grazie all’incremento delle esportazioni di attrezzature per la produzione di semiconduttori e di macchinari per la produzione di schermi piatti, il secondo ha segnato un aumento del 10,1%.
In calo invece i mezzi di trasporto (esclusi gli autoveicoli), i prodotti chimici inorganici e organici e il ferro, l’acciaio e i metalli non ferrosi. Sulla base dei piani di produzione delle principali aziende, il ministero dell’Economia giapponese prevede un aumento dello 0,6% mese su mese a marzo e dello 0,1% ad aprile.
Pmi manifatturiero a marzo sale in Cina a 50,5, incognita dazi
L’attività manifatturiera in Cina sale per il secondo mese consecutivo: l’indice Pmi si attesta a marzo a 50,5, in linea con le attese e oltre il 50,2 di febbraio, fino a testare il passo più ampio dell’ultimo anno sulla scia delle misure di Pechino a supporto della ripresa economica. Tuttavia, l’impatto potenziale dei dazi innescati dal presidente Usa Donald Trump è adesso motivo di seria preoccupazione per la crescita. Ad ogni modo, sia la produzione (52,6 da 52,5 di febbario) sia i nuovi ordini (51,8 da 51,1) hanno rialzi, in base ai dati dell’Ufficio nazionale di statistica. Mentre cedono l’occupazione (48,2 da 48,6) e la fiducia delle imprese (53,8 da 54,5), riflettendo le incertezze delle tariffe Usa. Sul fronte dei servizi, invece, il Pmi non manifatturiero si attesta a 50,8 a marzo da 50,4 di febbraio, ai livelli più alti degli ultimi tre mesi e oltre le attese degli analisti di 50,5.
I timori per l’economia Usa
Venerdì, l’S&P 500 è sceso del 2%, in uno dei suoi peggiori giorni degli ultimi due anni. Il Dow Jones Industrial Average ha perso l’1,7% e il Nasdaq Composite è crollato del 2,7%. Le preoccupazioni aumentano perché gli acquirenti spendono meno a causa delle preoccupazioni sull’inflazione e sull’economia. I rendimenti dei titoli del Tesoro sono scesi, anche dopo un rapporto sull’inflazione peggiore del previsto.
Fonte: Il Sole 24 Ore
«Il range non è una distorsione – commenta Gabriel Debach, analista di eToro – ma il riflesso della vera natura di Tesla: non è solo un titolo, ma una visione sul futuro. Un altro elemento chiave è rappresentato dalle metodologie di valutazione adottate. Il titolo può essere analizzato come un produttore automobilistico tradizionale oppure come una tech company ad alta crescita, che giustifica multipli molto elevati. Alcuni analisti applicano modelli discounted cash flow, con ipotesi ottimistiche sui flussi di cassa futuri. Altri adottano approcci sum-of-the-parts, suddividendo il business tra automotive, energia e AI. Questo porta a risultati molto diversi, anche partendo dagli stessi dati di base».
«Poi, naturalmente, c’è la politica. Gli eccessi di Musk hanno esposto il brand a un’ondata di ostilità negli Stati Uniti e in Europa: dimostrazioni davanti agli showroom (ieri a New York e Washington) e stazioni di ricarica attaccati, auto vandalizzate o date alle fiamme. Il presidente Donald Trump ha difeso il suo super consigliere, ha parlato di terrorismo e minacciato pene durissime. Ma Ross Gerber, investitore influencer e azionista del produttore di auto elettriche, ha chiesto a Musk di farsi da parte: «È tempo che qualcuno diriga Tesla. L’azienda è stata trascurata per troppo tempo».
Cosa vuole il mercato da Tesla
«Il forte divario dei target price delle diverse banche d’affari – è l’analisi di Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia – è legato alla difficoltà di riuscire a prevedere alcuni elementi esogeni rispetto ai fondamentali. In primis, la diffusione del movimento di protesta “Tesla Takedown”, nato per il ruolo di Musk nel Dipartimento per l’Efficienza Governativa, il Doge, e per il suo endorsement ad AfD in Germania, che ha alienato una parte della clientela del gruppo».
Poi ci sono le incognite delle guerre commerciali con i rischi di recessione per gli Stati Uniti. «La nostra view su Tesla è particolarmente cauta, soprattutto nel medio-breve termine, poiché il management, oltre ai problemi esterni, ha anche delle difficoltà industriali da superare. I vertici del gruppo devono tornare a risollevare le consegne soprattutto in Europa e in Cina, fare chiarezza sulle tempistiche nello sviluppo dei software di guida autonoma e fronteggiare con maggiore successo la concorrenza dei player cinesi. In particolare – conclude Diodovich – BYD».
Obiettivo 2 trilioni: possibile?
Quella BYD che fa numeri da capogiro, ha sorpassato Tesla in fatto di ricavi nel 2024 (107 miliardi contro 97,7) ed ha appena presentato una ricarica due volte più potente. Musk, in fondo, rilanciando su Optimus ha cercato di sviare l’attenzione. Non mancano, però, gli analisti che ripetono i suoi mantra: guida autonoma, robotica, nuova rivoluzione tech. «Tesla è un titolo azionario che suscita un dibattito emotivo tra tori e orsi – sostiene Dan Ives, direttore generale e responsabile della ricerca tecnologica di Wedbush – e che ha avuto molti detrattori nell’ultimo decennio. Noi non abbiamo mai considerato Tesla come un’azienda automobilistica, ma piuttosto come uno dei migliori esempi di azienda tecnologica disruptive al mondo».
Fonte: Il Sole 24 Ore
Sul fronte macro, inferiori alle previsioni le richieste di nuovi sussidi alla disoccupazione, saliti di 2.000 a quota 223.000, contro stime a 225.000. Meno pesante del previsto il dato sul settore manifatturiero nell’area di Philadelphia, con l’indice peggiorato a marzo meno delle attese (da 18,1 punti a 12,5 punti, contro attese per un dato a 10 punti). Infine, nel quarto trimestre 2024, il deficit delle partite correnti è diminuito di 6,3 miliardi di dollari a 303,94 miliardi di dollari. Gli analisti avevano previsto un deficit di 330 miliardi di dollari.
Focus su Tesla dopo l’invito di Lutnick a comprare azioni
Focus sul titolo diTesla dopo che il segretario al Commercio statunitense, Howard Lutnick, ha invitato gli americani ad acquistare le azioni della società automobilistica di Elon Musk, durante un’intervista rilasciata alla vigilia a Fox News. Un consiglio inusuale, hanno rimarcato diverse testate giornalistiche statunitensi, perché i ministri in genere non raccomandano le azioni delle società, tanto meno quelle legate in questo caso al consigliere più stretto del presidente Donald Trump. «È incredibile quanto costino poco, ora», ha detto. «Non saranno mai più così a buon mercato». «Voglio dire, chi non investirebbe in Elon Musk?», ha concluso. Il titolo di Tesla ha perso il 42% dall’inizio dell’anno.
A Piazza Affari corre Nexi, giù Stellantis
Passando all’azionario milanese, vendite su Stellantis (-2,99%), in una giornata negativa per il settore auto europeo e nonostante le rassicurazioni del presidente John Elkann ieri in Parlamento. Ma la maglia nera è andata a StMicroelectronics (-3,74%), nel giorno in cui Maurizio Tamagnini, uno dei tre membri eletti in quota al Governo italiano, ha rassegnato le dimissioni dal Consiglio di Sorveglianza. Secondo Equita, «sarà da verificare se ci saranno altre modifiche nell’assetto di governance e come sarà reintegrato il Consiglio». La situazione di incertezza «rischia di defocalizzare il top management in un momento ancora complesso per il gruppo».
Giù anche Intesa Sanpaolo (-2,91%) e A2a (-3,2%), colpita dalle prese di beneficio dopo i conti che hanno comunque evidenziato utili in rialzo del 31%. Sul fronte opposto scatta Nexi (+4,12%), spinta dalle indiscrezioni di stampa sull’offerta da 850 milioni presentata dal fondo americano Tpg per la divisione Digital Banking Solutions. Fuori dal paniere principale, Il Sole 24 Ore (+17,3%) corre, spinto dai conti.
Dollaro in risalita, l’oro tocca nuovo record poi ripiega
Recupera terreno il dollaro e spinge l’euro verso area 1,084, dopo che la Fed ha mostrato di non avere alcuna fretta nella strada dei tagli ai tassi d’interesse, confermando due mosse entro la fine dell’anno, per il momento. Ritraccia il Bitcoin che si muove sugli 83.800 dollari. L’oro tocca nuovi record poi ritraccia, in un clima di incertezza che continua a premiare il bene rifugio per eccellenza. Il metallo prezioso ha toccato un nuovo massimo storico nel contratto spot a 3.057,49 dollari l’oncia per poi invertire la rotta. Resta comunque a livelli record il prezzo del metallo prezioso, all’indomani della decisione – attesa – della Fed di lasciare invariato il costo del denaro, in un contesto però di economia in frenata e inflazione in aumento per gli Stati Uniti. In più, i mercati si mostrano sempre più nervosi per il contesto geopolitico, con la guerra che è ripresa in Medio Oriente dopo le speranze di tregua, i tempi che si preannunciano lunghi per un accordo sul conflitto in Ucraina e le tensioni in Turchia.
Fonte: Il Sole 24 Ore
L’export di Gnl Usa si dirige già per circa metà verso l’Europa, tendenza che si è instaurata negli ultimi tre anni, in parallelo alla perdita di forniture via gasdotto dalla Russia. La Cina viceversa non ha una forte dipendenza da Washington per il gas, né d’altra parte è vero il contrario: l’anno scorso Pechino ha ricevuto dagli Usa appena il 6% delle sue forniture di Gnl, l’equivalente di circa 6 miliardi di metri cubi di gas, per un valore di 2,4 miliardi di dollari, ricorda un recente rapporto del Center on Global Energy Policy (Cgep) della Columbia University. E gli Usa hanno inviato appena il 5% dell’export di Gnl in Cina (anche se questa è la quota maggiore in assoluto per un singolo Paese).
Il Dragone aveva già utilizzato il Gnl per ritorsioni contro gli Usa, durante il primo mandato di Trump: all’epoca i dazi cinesi salirono da un iniziale 10% fino al 25% nel 2019 e le importazioni vennero azzerate per un lunghissimo periodo, da marzo 2019 ad aprile 2020. Oggi il potere della Cina di influenzare il mercato è ancora più forte, grazie al grande numero di contratti di fornitura pluriennali che ha siglato con produttori Usa – soprattutto nel periodo tra il 2021 e il 2023 – e a quelli che potrebbe (o meno) firmare nel futuro: se decidesse di non farlo potrebbe infliggere un colpo potenzialmente mortale ai progetti di nuovi terminal di esportazione, che hanno bisogno di trovare “clienti” per ottenere finanziamenti dalle banche.
Proprio martedì 18 – con un gesto di nuovo altamente simbolico – una società cinese, China Resources Gas International, ha firmato un contratto di fornitura di Gnl con Woodside Energy Resources, il primo da molti anni con una società australiana. Il contratto prevede l’acquisto di 600mila tonnellate l’anno per 15 anni a partire dal 2027.
Nel frattempo gli Usa hanno intensificato le attività di promozione del proprio Gnl. Ma «scatenare l’energia americana», come si propone uno dei tanti ordini esecutivi firmati da Trump, non si sta rivelando facile. I costi sono in salita, spinti da tassi d’interesse ancora troppo elevati, carenze di personale e rincari di materiali e attrezzature, denunciano gli analisti di Poten and Partners, prevedendo tariffe di liquefazione oltre 2,50 $/mmBtu.
Molti produttori, riporta Reuters, starebbero cercando di rivedere le condizioni di vendita con i clienti in risposta all’aumento dei costi. E anche la parabola di Venture Capital in Borsa è un spia di quanto le cose potrebbero mettersi male per il settore: dopo un’Ipo deludente, la società è crollata ulteriormente a Wall Street perdendo oltre un terzo del valore in un solo giorno il 7 marzo, quando ha comunicato un forte calo dell’export e un aumento a sorpresa da 1,3 miliardi di dollari del costo di realizzazione del nuovo impianto Plaquemines Lng.
Fonte: Il Sole 24 Ore
«Sono i numeri a parlare chiaro: negli ultimi nove anni abbiamo investito in modo equilibrato in Italia e in Francia, in entrambi i Paesi. E non perché sia un mio…
Fonte: Il Sole 24 Ore