Chi sono i sostenitori degli eventi dentro e fuori della Biennale?

Per via del modello di selezione e delle esigenze di budget di produzione sempre più elevati, i padiglioni nazionali e gli eventi collaterali ufficiali e non della Biennale sono oramai da tempo appannaggio delle Fondazioni più importanti e delle gallerie commerciali di maggior successo. Produzioni ed installazioni video complesse come quelle della partecipazione ufficiale inglese richiedono budget nelle centinaia di migliaia di euro.
Allo stesso tempo il prestigio dell’evento Biennale e la visibilità che garantisce presso collezionisti e grande pubblico spingono le gallerie milionarie ad investire in produzioni che occupano interi palazzi nobiliari e chiese.
Vi è poi da considerare il ruolo delle Fondazioni che investono nell’arte, per cui Venezia presenta un palcoscenico irrinunciabile, tanto che alcune la scelgono come sede permanente: a Prada e Pinault presenti da tempo, si aggiungono ora Sanlorenzo Arts e Berggruen.

Padiglioni nazionali

Se il criterio fosse la popolarità all’inaugurazione, la coda di oltre due ore sancirebbe il successo indiscusso dell’Egitto che ospita la proiezione del video ‘Drama 1882’ dell’artista Wael Shawky, rappresentato dalle gallerie Lisson e Lia Rumma, opera cantata dal tema anticolonialista che ripercorre eventi di 140 anni fa. Video arte protagonista anche della rappresentanza britannica con John Akomfrah, regista e sceneggiatore di colore che propone una serie di complessi video ‘Listening all night to the rain’ dedicati alle tematiche ambientali in chiave post-colonialista, sempre con in supporto della Lisson Gallery di Londra.
Video arte ed ecologia caratterizzano anche Singapore con l’installazione ‘Seeing forest’ di Robert Zaho Renhui la cui visione di rinascita della foresta presenta una positività troppo spesso assente nell’approccio critico di molti suoi colleghi, che sembrano limitarsi alla ‘pars destruens’ dell’argomento. La ricostruzione storica della fuga dal comunismo si coniuga con una positività estetica nel padiglione dell’Austria, che ospita Anna Jermolaewa, artista di origine russa lì rifugiata, che ci rallegra con l’installazione dei fiori simbolo delle rivoluzioni democratiche, fra cui quella dei Garofani in Portogallo di cui si celebra il 50° anniversario. Uno dei pochi padiglioni nazionali dedicati alla pittura è quello albanese con il progetto ‘Love as a glass of water’ di Iva Lulashi, 36enne basata a Milano che esibisce una serie di dipinti dedicati all’erotismo del corpo femminile con il supporto della galleria Prometeo di Ida Pisani, e il patronage di collezionisti noti come Iannaccone e Maccaferri. Molto tecnologo, invece, il lavoro del 37enne Matthew Attard ‘I will follow the ship’ che rappresenta il suo paese, Malta, con video generati dall’analisi AI del processo visivo dello spettatore: idea interessante ma che soffre di mancanza di coinvolgimento emotivo; l’artista è rappresentato dalla veneziana Galleria Michela Rizzo.

Le mostre collaterali: le Fondazioni

Il premio per coraggio e follia va alla Fondazione Prada che consegna il prestigioso palazzo storico di Ca’ Corner della Regina nelle mani di Christoph Buchel, artista svizzero ben noto per le sue provocazioni come la ‘Moschea veneziana’ di qualche Biennale passata. La sua trasformazione del luogo in un caotico ma organizzatissimo ‘Monte di Pietà’, ovvero infernale banco dei pegni in cui si mescolano Arte e robivecchi, rappresenta una sfida visiva stimolante proprio per il suo carattere anti-estetico e critico della problematica che sottintende la relazione valore-prezzo nell’arte, un tema trattato in passato con installazioni da Hauser&Wirth.

Nelle vicinanze di Prada si trova presso lo spazio nascosto del Salone Verde il progetto temporaneo ‘Cosmic Garden’ promosso da Chanakya Foundation & School of Craft, con opere della coppia di artisti indiani Madhvi e Manu Parekh eseguite con il supporto delle donne che tramite la Scuola imparano e tramandano la tradizione delle tecniche tessili di alta qualità, offrendo una strada importante per lo sviluppo della condizione femminile. Il successo di questa iniziativa è testimoniato dal supporto della Collezione Dior che ha acquisto uno dei lavori più grandi e complessi.

L’impegno sociale verso chi ha meno opportunità è la missione dell’ Atelier dell’Errore, collettiva di ragazzi (supportata dalla Collezione Maramotti) che imparano a comunicare tramite l’arte; per la Biennale hanno creato una vela per la barca Edipo Re, con un tessuto costituito da coperte termiche dipinte, simbolico delle migrazioni per mare. Quella dell’Atelier non è l’unica vela ‘artistica’ in Laguna: dalla povertà di mezzi si passa al lusso sfrenato del multimilionario catamarano di 47 metri ArtExplorer che curiosamente presenta un’installazione sonora di registrazioni condotte nei porti del Mediterraneo. Sempre in campo di derivazione nautica, la fondazione Sanlorenzo Arts promossa dall’omonimo costruttore di yacht ha presentato un primo ‘assaggio’ della nuova sede a Venezia con una versione gigante del ‘Terzo Paradiso’ di Michelangelo Pistoletto a rallegrare la facciata in costruzione nelle vicinanze della Salute.Con la Biennale si è inaugurata anche l’avventura di Palazzo Diedo, sede di lavori permanenti e temporanei promossi dalla Fondazione Berggruen (che ha sede anche nel magnifico palazzo dei Tre Oci alla Giudecca). Spicca il contrasto fra il classicismo delle stanze del palazzo completamente ristrutturato e il minimalismo delle opere di Sugimoto, Lee Ufan e Mariko Mori.

Fonte: Il Sole 24 Ore