Chiamati dal deserto: 3 spunti per sopravvivere (e per seguire la propria mission)

1. Chiamati a riversare le nostre scelte singole in esperienze collettive

L’esperienza del deserto è solitaria, come l’esperienza della vita – potremmo dire – è solitaria. In Dune, Paul sa benissimo che la storia comune è scritta da tante storie singole, ciascuna con proprie specificità. La sua – come quella di tutti gli altri – sarà essenziale per traghettare il pianeta nel futuro (oppure moriranno tutti). Nel mio piccolo come autrice, non riesco a non inserire nelle mie sceneggiature piccoli dettagli che possano aiutare il singolo a riconoscersi in una sorta di esperienza comune (perchè se è vero che ognuno vive la propria vita, è pur vero che le esperienze si ripetono, insegnano, e che la vita è accomunata da simili emozioni e simili trame che possiamo trovare e ritrovare in passato, presente e futuro). Alessandro Baricco, in una recente lezione alla Scuola Holden, ha definito la storia come un magma in esplosione, dal quale passano – come in un punto – infinite rette di trame. Per lo stesso deserto, passano infiniti modi di recepire le tempeste, gli stimoli, le creature pericolose, i ripari. Possono esservi mille modi per percepire la stessa esperienza: ecco perchè – immaginandole e creandole per gli altri – cerco di mettere dei canali per cui queste chiamate siano facilitate, inclusive, chiare. Se l’esperienza del deserto è solitaria, se ogni chiamata è personale e ogni scelta libera e indipendente, giochiamo tutti un ruolo essenziale. Nel capire come affrontarle, in primis.

2. Chiamati a dare peso ad essenzialità e superfluo, chiamati al sacro

L’acqua è il bene più prezioso del deserto. L’acqua è vita e ci scrive dentro una legge prioritaria volta alla sopravvivenza piuttosto che alle cose superflue. Su Arrakis, ma più ampiamente in ogni nostro deserto, ogni aspetto della vita è progettato per minimizzare la perdita di umidità, dall’abbigliamento — come le tute distillanti, che conservano e riciclano l’umidità del corpo — alle abitudini e tecniche di conservazione dell’acqua. L’acqua si fa non solo risorsa vitale, ma anche moneta di scambio, lingua di relazione, elemento sacro. La ricchezza di un individuo o di una tribù si misura in termini di quanta acqua possieda, e il “diritto all’acqua” di una persona morta — ovvero l’umidità naturale del suo corpo — viene recuperato e conservato per la comunità, divenendo sacro.

Cos’è sacro, per noi? Le relazioni? La riuscita di un progetto? La nostra serenità e tranquillità? Il deserto chiama ciascuno di noi a comprendere cosa sia sacro, cosa sia essenziale e cosa superfluo per la nostra evoluzione, quali siano i criteri sulla base dei quali scegliere le strade da percorrere e le battaglie da combattere.

3. Chiamati a far risuonare la nostra voce

A quanto pare, in gruppo o comunque nella società e così ugualmente nel deserto, siamo chiamati a dar prova di coraggio, a far risuonare la nostra voce. Chi sta fermo, il deserto se lo mangia. Uno dei momenti più significativi della promozione a ruolo di leader dei Fremen di Paul Atreides è quando riesce a cavalcare un gigantesco verme della sabbia, una delle creature più temute e rispettate su Arrakis. Questo atto di audacia e maestria non solo dimostra il suo coraggio e le sue capacità eccezionali ma segna anche la definitiva integrazione nella cultura dei Fremen. Siamo chiamati a dimostrare il nostro valore, nel deserto e fuori. Siamo chiamati a scrivere la storia alzando la voce, non tanto per urlare, ma per avvisare che ci siamo. Stare in disparte sì, essere passivi no. Il deserto non lo perdona.

Chiamati per nome

Molto prima di Dune, il nome ci definisce e definisce chi siamo. Da piccola, una cara amica di famiglia, Suor Elena, da un giorno all’altro decise di cambiare nome e di diventare Suor Angela: restai sconvolta da questo passaggio (non chiedendole mai davvero la motivazione) ma tenni per me quella sensazione di evoluzione che porta con sè la consapevolezza di un cambio di rotta, di un cambio passo. Il deserto ci chiama ma siamo noi che decidiamo il nome con cui essere chiamati. Il deserto ci chiama ad ascoltare pronti all’azione, scegliendo non tanto che parte vogliamo assumere nel gioco del potere, ma chi vogliamo essere nel nostro presente per noi stessi e per la comunità cui apparteniamo.

Fonte: Il Sole 24 Ore