Cina, violente proteste nello Xinjiang contro le misure Zero Covid

La rabbia della popolazione in Cina contro la politica Zero-Covid e contro l’inasprimento delle misure di isolamento della pandemia è esplosa nuovamente, tra venerdì notte e sabato, in violente proteste nella regione dello Xinjiang, mentre le infezioni nel Paese continuano a segnare nuovi allarmanti record.

I manifestanti hanno riempito le strade di Urumqi, capoluogo dello Xinjiang – regione dove vivono dieci milioni di uiguri, minoranza etnica prevalentemente musulmana, che da anni denuncia le discriminazioni e gli abusi delle autorità cinesi – chiedendo con forza la «Fine del lockdown» e alzando i pugni in aria per protestare contro l’obbligo di restare a casa che dura da ormai oltre cento giorni. Numerosi video diffusi in rete (e sfuggiti alla censura) mostrano persone in piazza impegnate a cantare l’inno nazionale cinese rimarcando le parole del testo: «Insorgete, voi che rifiutate di essere schiavi».

A fare aumentare le tensioni è stata la morte di almeno dieci persone nell’incendio di un grattacielo: per la tragedia sono state subito accusate, soprattutto sui social, le autorità locali e le misure di lockdown che avrebbero ritardato i soccorsi (sono state necessarie più di tre ore per contenere le fiamme) e avrebbero impedito alle vittime di mettersi in salvo. Alcuni testimoni hanno riferito di porte bloccate nelle scorse settimane dalle forze dell’ordine per fare rispettare i divieti.

Di fronte alla rabbia della popolazione, le autorità di Urumqi sono state costrette a revocare il lockdown in diversi quartieri della città, ma hanno respinto le accuse, negando che ci fossero porte bloccate nell’edificio e affermando che i residenti avrebbero potuto fuggire. La polizia locale ha represso le voci di protesta, annunciando l’arresto di una giovane attivista per aver diffuso online «informazioni false» sul numero delle vittime.

«Durante i primi due anni di pandemia, le persone si sono fidate del governo, credendo che venissero prese le decisioni migliori per tenere al sicuro dal virus la popolazione. Ora – dice Dali Yang, politologo dell’Università di Chicago – i cittadini cinesi fanno sempre più domande difficili e sono diffidenti nel seguire gli ordini della autorità».

Fonte: Il Sole 24 Ore