Consumi: spende meno (per prudenza) anche chi ha redditi elevati

«Gli effetti del rimbalzo rispetto al periodo pandemico si stanno esaurendo. Ma non siamo ancora in grado di capire quanto rapidamente scenderà la curva dei consumi delle famiglie», afferma Fabio Bacchini, dirigente del servizio per l’analisi dei dati e la ricerca economica, sociale e ambientale dell’Istat.

Dai trend congiunturali più recenti emerge una flessione dei consumi delle famiglie?Nel secondo trimestre, i consumi delle famiglie ancora sembravano registrare impulsi positivi. Ma se proiettassimo questi valori fino alla fine del 2022, ipotizzando che restino costanti, otterremmo valori comunque ancora inferiori di almeno tre punti percentuali rispetto a quelli del 2019. Senza contare che le aspettative sul futuro oggi sono mutate in negativo e che la fiducia delle famiglie risulta in netto calo, con qualche preoccupazione anche sul mercato del lavoro.

Quali sono i primi segnali?
Innanzitutto le vendite al dettaglio nel commercio, seppur non immediatamente sovrapponibili al trend dei consumi, a settembre sono aumentate del 4,1% in valore ma diminuite del 2,7% in volume. Inoltre, la propensione al risparmio, che è lo speculare dei consumi, nel secondo trimestre era ancora superiore rispetto ai livelli pre crisi. Un valore che difficilmente scenderà alla luce del peggioramento delle aspettative: i tassi di interesse sono in rialzo e continua l’aumento dei prezzi, solo parzialmente colmati dai rinnovi contrattuali. Le misure approvate hanno mitigato gli effetti per le fasce di reddito più basse, mantenendo il loro potere d’acquisto. Ma altrove si sta perdendo la capacità di spesa e questo aumenterà i comportamenti precauzionali.

Quali sono le voci di consumo più penalizzate?
Restano lontane dai livelli pre crisi tutte le spese in servizi, in particolare quelle per gli alloggi e la ristorazione. Inoltre si iniziano a vedere i primi segni negativi anche sui beni non durevoli, un trend che andrebbe esaminato meglio ma che potrebbe essere associato alla riduzione della spesa alimentare. Le vendite alimentari al dettaglio, ad esempio, a settembre sono aumentate in valore del 6,8% per effetto dei rincari, ma diminuite del 4,5% nei volumi.

Fonte: Il Sole 24 Ore