Così la Focaccia di Recco Igp rilancia l’economia del territorio

Diventare un polo enogastronomico di attrazione e riportare valore nel territorio. Sono gli obiettivi della città di Recco, in provincia di Genova, che sta facendo del suo più celebre prodotto tipico, la focaccia al formaggio Igp, il portabandiera del rilancio.

«Purtroppo, dal punto di vista turistico, il nostro comune sconta la vicinanza con le più celebri località della Riviera, con le quali non può competere dal punto di vista dell’attrattività», afferma Lucio Bernini, responsabile del Consorzio della focaccia di Recco, riconosciuto nel 2005 e che ha ottenuto l’indicazione protetta nel 2015, dopo un lungo iter europeo.

La cittadina, meno di 10mila abitanti, non ha i tipici carruggi di Camogli o le case dipinte di Santa Margherita né quelle eleganti di Portofino: bombardata più volte e rasa al suolo durante l’ultima guerra è rinata con un’impronta decisamente “moderna”, meno caratteristica e quindi meno attrattiva. Poi il progressivo spostamento dei servizi verso centri più frequentati e il calo demografico hanno inferto duri colpi all’economia.

«Però qui abbiamo qualcosa che non nessuno ha: la tipica focaccia col formaggio Igp, uno dei prodotti più imitati in tutto il mondo, ma l’originale può gustare solo da noi. Così negli anni siamo riusciti a catalizzare l’attenzione degli amanti del turismo esperienziale, portando Recco (e la zona di produzione della sua focaccia) a essere una delle mete del turismo del gusto più richieste e apprezzate». Attorno alla focaccia, infatti, gira buona parte dell’economia del territorio.

«I numeri non possono essere quelli di un prodotto destinato all’export e alla distribuzione moderna, eppure consentono di mantenere nel territorio attività che garantiscono lavoro a 12 aziende con 20 punti vendita (ristoranti/forni/asporti) e oltre 500 addetti per un fatturato presunto, riferito solo al prodotto certificato, che si aggira attorno ai 4 milioni di euro, ma che crea un indotto che fa triplicare se non quadruplicare il ritorno economico.

Fonte: Il Sole 24 Ore