CsC alze le stime: Pil +0,9% nel 2024, decisivi taglio dei tassi e attuazione del Pnrr

Negli ultimi comunicati ufficiali, è divenuto evidente che la Bce non sta più pensando a ulteriori rialzi e intravede l’inizio di una fase di tagli. Lo scenario di previsione segue queste indicazioni: al primo taglio a giugno, ne seguiranno altri tre entro fine anno, ipotizzati di un quarto di punto ciascuno, arrivando al 3,50%, un punto meno di oggi; nel 2025 seguiranno altri tre tagli, fino al 2,75%. A tali livelli, la policy monetaria continuerà ad essere (poco) restrittiva a fine orizzonte previsivo, in misura molto più limitata rispetto ad oggi. Ciò potrà dare maggiore slancio agli investimenti e anche ai consumi.

«Pnrr determinante per la crescita»

Il secondo driver di crescita nel biennio di previsione è, nell’analisi del Csc, l’attuazione del Pnrr che sta entrando nel vivo: nel 2024 e 2025, infatti, l’ammontare delle risorse del Piano da spendere per investimenti e riforme è pari rispettivamente a 42 e 58 miliardi di euro, cioè oltre 2 punti di PIL all’anno, 100 miliardi nel biennio. «Sebbene sia difficile fare delle ipotesi precise sugli impatti complessivi che le risorse del Pnrr, da poco rimodulato dal Governo – sottolinea il Centro studi di viale dell’Astronomia -, avranno sulla crescita dell’economia, perché mancano informazioni proprio su vari aspetti della rimodulazione, la spinta al Pil di una piena attuazione del Piano sarà in ogni caso molto forte, determinante per tenere alta la crescita italiana».

Costo dell’energia freno alla crescita

Ci sono vari fattori che tenderanno invece a frenare il Pil italiano nel biennio. «Primo freno il costo dell’elettricità pagato dalle imprese resta più alto in Italia rispetto ai principali paesi Ue e anche rispetto agli altri grandi competitor internazionali come Usa e Giappone. Tutto ciò crea uno svantaggio competitivo per le imprese italiane: una riforma del mercato elettrico e una maggiore quota di rinnovabili nella generazione elettrica, visto che oggi hanno costi inferiori alle fonti fossili, potrebbero attenuare i costi dell’energia in Italia e ridurre (sebbene non eliminare) la dipendenza estera».

L’eliminazione dei bonus edilizi

Il secondo freno per la crescita è «il graduale phase out del Superbonus, già in scadenza a fine 2023 in termini di aliquota al 110% e degli altri incentivi all’edilizia. Le costruzioni ad uso residenziale, in termini di valore aggiunto e quindi di contributo al Pil – prevede il Csc -, dovrebbero risentire fortemente di tale prevista riduzione degli incentivi, già nel 2024 e in misura ancora maggiore nel 2025. La manifattura non dovrebbe risentirne molto. È chiaro – sottolinea il centro studi – che parte della crescita del Pil negli anni scorsi è attribuibile agli impatti del Superbonus, 2,4 punti percentuali in 4 anni».

La strozzatura nel trasporto merci

Il terzo freno alla crescita è la strozzatura mondiale nei trasporti e il loro impatto negativo per l’industria italiana. «Il tema della sicurezza dei trasporti non riguarda solo il Mar Rosso, snodo cruciale dello scambio di merci tra Europa ed Asia, ma anche numerose altre fragilità lungo le rotte internazionali di trasporto, per esempio nello stretto di Malacca (in Asia) e nel canale di Panama (in America). In Italia, più della metà dei volumi di merci in entrata arriva via mare e le navi trasportano il 42% delle quantità esportate. Diverse criticità, inoltre, si hanno anche nelle rotte regionali dei trasporti, che sono per lo più via terra: per l’Italia in particolare lungo l’arco alpino, per le connessioni con gli altri paesi Ue. A proposito della crisi nel Mar Rosso, in particolare, l’impatto dei recenti aumenti dei costi di trasporto marittimi, più che raddoppiati, sui prezzi alla produzione dell’industria italiana è stimato complessivamente moderato, ma è forte in specifici settori come la chimica, la metallurgia, la carta».

Fonte: Il Sole 24 Ore