Dal MiC quali le professioni della creatività digitale

Il 21 febbraio scorso si è svolto a Roma il convegno “Creatività digitale: nuove professioni e opportunità” promosso dal Ministero della Cultura in cui si è discusso della professione del creatore di contenuti digitali, una posizione lavorativa varia e impegnata in diversi ambiti della filiera culturale come la produzione di contenuti, la comunicazione e la promozione e dove accanto al tecnico, libero professionista o assunto in azienda, vi è l’artista digitale creatore di opere uniche. Molti gli spunti interessanti emersi dal dibattito come, ad esempio, quello fornito dal Sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi che ha sottolineato come: “Allo stato attuale le due parole creatività e digitale si fondano, in quanto la tecnologia stessa può avere anche capacità creative, artistiche e culturali, diventando sintesi nell’Intelligenza Artificiale. Per la prima volta nella storia dell’umanità una tecnologia nasce non solo per essere al servizio dell’uomo ma addirittura per sostituirlo”. Continua Mazzi, citando Papa Begoglio, come sia importante “trovare delle regole da condividere”, e aggiungiamo noi le regole sono necessarie per bilanciare da un lato le esigenze di tutela del diritto d’autore e dall’altro per promuovere la libera circolazione dei contenuti e della conoscenza.
“Il prepotente avvento della Intelligenza Artificiale – ha spiegato Matteo Fedeli, direttore generale Siae – solleva questioni complesse sulla tutela della proprietà intellettuale e sulla remunerazione equa degli autori e creatori di contenuti”. Fedeli ha rimarcato come: “Il ruolo della “Siae sia quello di rafforzare la protezione dei diritti degli iscritti nel nuovo contesto digitale e che l’integrazione tra creatività e tecnologia digitale sia quindi fondamentale, purché siano sempre tutelati i diritti degli autori e la creatività italiana nel mondo”.

Il compito è davvero arduo – sottolineiamo – anche perché la tutela è possibile solo in un’ottica europea. Infatti, l’Unione Europea dopo aver approvato nel giugno dell’anno scorso il Regolamento sull’Intelligenza Artificiale, AI Act, che ne contiene i principi, è alle prese con le norme che entreranno in vigore non prima del 2025, con il pericolo, quindi, di avere una legislazione già obsoleta e non aderente alla realtà economica e sociale. Il presidente del Comitato ministeriale permanente per il diritto d’autore, Salvatore Sica ha spiegato l’obiettivo principale di policy “garantire il riconoscimento, la tutela e la remunerazione della figura del creatore digitale, raggiungendo così un punto di equilibrio tra le istanze di tutela di creatori, consumatori e utenti e gli obiettivi di crescita dei nuovi mercati nati dalle straordinarie possibilità offerte dalle piattaforme digitali”.

Le scadenze da rispettare

Arteconomy24 si è occupata più volte di registrare gli sforzi di regolamentazione da parte del Ministero della Cultura che si sono concretizzarti nella legge del 27 dicembre 2023, n. 206, meglio conosciuta come legge per il Made in Italy, in vigore dall’11 gennaio 2024. All’art. 27 della legge i creatori digitali sono definiti: “Gli artisti che sviluppano opere originali ad alto contenuto digitale”. Sempre nel medesimo articolo si prevede che con decreto del Ministro della Cultura entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, venga “istituito un repertorio delle opere dei creatori digitali nel registro pubblico generale delle opere protette, secondo quanto previsto dalla tutela del diritto d’autore”. Il termine fissato dalla legge per il Made in Italy è in scadenza l’11 aprile si attende l’emanazione del decreto attuativo.

I talk To Be

Il dibattito collegato alla tecnologia, alla trasformazione digitale e agli effetti sociali ed economici è largamente diffuso nel settore culturale. Tra le tante iniziative segnaliamo un ciclo di sei incontri che si sono tenuti da settembre 2023 a febbraio 2024 a Roma dal titolo “To BE. Conversazioni sul futuro digitale della cultura” ideati dalla Fondazione Kainòn Ets, supportati da Icom Italia, e in collaborazione con Associazione Civita e la società PtS. Gli incontri ai quali hanno partecipato esperti del settore culturale, docenti universitari, direttori di musei, imprenditori e professionisti provenienti da altri ambiti come le telecomunicazioni e il farmaceutico, hanno offerto visioni realistiche, diverse tra loro, sul futuro della cultura durante e dopo la transizione digitale. Per ogni argomento sono stati individuati i driver tecnologici innovativi, quali la blockchain, l’Intelligenza Artificiale, gli NFT, l’arte digitale, le criptovalute, collegati sempre al focus del Web3, un ambito ai molti ancora sconosciuto e come questo ambiente tecnologico possa interessare ed essere utile alla cultura e ai musei.

Business model museali

Oltre alle implicazioni etiche, filosofiche, sociali che riguardano il connubio tra tecnologia e cultura, un ulteriore tema di dibattito che anima il settore culturale riguarda la trasformazione digitale dei musei quale occasione non solo di avanzamento tecnologico, ma di sperimentazione e sviluppo di nuovi modelli di business. Secondo uno studio del 2023 dell’Osservatorio Innovazione Digitale per la Cultura del Politecnico di Milano il modello di sostenibilità economica dei musei italiani appare strettamente vincolato alle entrate da biglietteria e dai contributi pubblici e poco dai servizi digitali. Difatti, secondo la ricerca il modello di sostenibilità dei musei ha questa composizione: il 36% dei ricavi sono relativi agli introiti della biglietteria, il 35% è rappresentato da trasferimenti statali in conto gestione e il 16% da contributi privati (sponsorizzazioni, donazioni, art bonus, erogazioni liberali). Solo il 7% di ricavi derivano da servizi accessori, (bookshop, ristorazione, didattica) e il 6% dalla vendita di contenuti online. Esiste, quindi, un forte divario tra servizi digitali offerti e la generazione di ricavi.

Fonte: Il Sole 24 Ore