Dipartimenti e team IT: una sfida da vincere fra talenti e competenze

Attrazione e recruiting, sviluppo delle competenze e fidelizzazione dei talenti: è la priorità numero due da affrontare, dopo la cybersecurity, per gli oltre 600 fra direttori It e responsabili dei sistemi informativi di organizzazioni (pubbliche e private) con più di 50 dipendenti nel settore pubblico e privato che hanno partecipato all’edizione 2024 dell’International Barometer del Gruppo Cegos, uno studio condotto in Francia, Germania e Italia.

Tante le chiavi di lettura possibili di come è cambiato e sta cambiando il ruolo del Chief Information Officer ed è molto indicativo in proposito il commento di Emanuela Pignataro, Head of Business Transformation & Head of Execution di Cegos Italia, che ribadisce un concetto noto ma forse ancora non radicato e condiviso a dovere. «Le direzioni It sono cambiate profondamente negli ultimi 20 anni e se prima erano responsabili principalmente degli strumenti di gestione del back-office, oggi sono al centro dell’azienda, poiché la tecnologia digitale permea l’intera organizzazione e la sua catena del valore. Le competenze tecniche dei Cio – spiega ancora la manager – sono ovviamente ancora richieste ma ora queste figure devono anche posizionarsi come partner, sostenendo trasformazioni rapide che sono cruciali per le prestazioni aziendali. E si tratta di un’evoluzione che richiede loro di sviluppare ulteriormente le proprie competenze trasversali, con l’obiettivo di lavorare a stretto contatto con gli altri dipartimenti e di combinare un ruolo strategico con una posizione operativa, così da fornire un supporto rapido e inter-funzionale all’organizzazione».

L’identikit del Chief information officer

Tante, come detto, le risultanze emerse dallo studio e fra queste spiccano innanzitutto le percentuali che fotografano la figura del Cio rispetto all’età (il 50% ha fra i 35 e i 49 anni) e l’anzianità aziendale (il 53% degli intervistati italiani ha meno di 10 anni di seniority) e il numero di collaboratori gestiti (la fetta più grande, pari al 42%, opera con un team tra le 10 e 20 persone). Molto interessanti sono le risposte che delineano le principali qualità di un buon Chief Information Officer: la voce maggiormente indicata è quella delle competenze tecniche (vale per il 56% degli IT manager italiani), seguita dalla visione strategica (52%, sempre per quanto riguarda il campione nazionale) e la capacità di innovazione (45%). Il saper combinare queste tre attitudini è dunque vista come una qualità chiave di un buon Cio mentre le soft skill (doti relazionali, di ascolto e persuasione, buon senso, lucidità) si attestano in tutti e tre i Paesi oggetto di indagine a un livello relativamente basso, a causa della predominanza di evoluzioni tecnologiche che i reparti IT devono costantemente integrare e supportare. Altrettanto significativa è anche la composizione delle risposte che inquadra le difficoltà incontrate quotidianamente da queste figure, con il 67% degli intervistati che indica (per l’esperienza vissuta nella propria azienda) una visione della funzione più tecnica che strategica, il 58% che afferma di dover affrontare continui cambiamenti e riorganizzazioni e il 56% che deve far fronte a problemi di recruiting e di retention per avere a disposizione le giuste risorse.

La difficoltà di attrarre e trattenere i talenti

Se la gestione dei talenti è decisamente un argomento importante per i responsabili It, il livello di fiducia scende clamorosamente rispetto alla consapevolezza dichiarata per affrontare le sfide della sicurezza informatica quando i talenti si tratta di attrarli, assumerli e quindi trattenerli e aggiornarne le competenze, con meno di un quarto del campione di manager intervistati che si dice pronto a gestire senza problemi questo insieme di compiti. Il 66% dei Cio, per contro, conferma l’intenzione di fare upskilling dei propri team conservando le attuali posizioni mentre il 41% afferma di voler formare i propri addetti informatici attraverso percorsi di reskilling in modo che possano assumere nuovi incarichi oggi molto richiesti, come il Data Scientist e il Cybersecurity Manager.

Aggiornamento necessario

L’ultima parte dello studio, infine, ha messo sotto la lente di ingrandimento lo sviluppo delle competenze dei team IT e quindi l’oggetto delle iniziative e dei programmi di aggiornamento (il 76% dei Cio dichiara che la propria organizzazione offre corsi di formazione dedicati ai professionisti informatici in organico). Quando si tratta di formazione tecnica nei prossimi due anni, la stragrande maggioranza dei rispondenti (fra l’85% e il 90%) ha puntato nell’ordine su intelligenza artificiale, cybersecurity e analisi dei dati. Sul fronte delle capacità trasversali e comportamentali, invece, le due voci più comuni (citate nel 66% e nel 62% dei casi rispettivamente) riguardano la volontà di formare i propri team sulla gestione dei progetti e delle persone, ritenendo questa capacità un imperativo alla luce di un contesto fortemente accelerato dai cambiamenti tecnologici e della necessità di interagire su specifici progetti con tutte le linee di business. In termini di soft skill, nello specifico, le direzioni IT richiedono che i loro team siano formati principalmente su creatività e innovazione (lo afferma il 75% del totale dei manager) e spirito di iniziativa e imprenditorialità (il 70%) e ritengono fondamentale per lo sviluppo delle competenze (lo sostiene il 68% dei manager intervistati) il concetto di “imparare a imparare”, un’aspettativa legata alla necessità di far evolvere alcuni profili da esperti tecnici a manager in grado di trasmettere e delegare le proprie conoscenze all’interno del gruppo.

Fonte: Il Sole 24 Ore