Dolci di Carnevale, giro d’affari a quota 700 milioni

Il giro d’affari legato ai dolci di Carnevale, che arrivano nei negozi fin dalle prime settimane di gennaio, vale 700 milioni di euro. Secondo un’ indagine di Cna Agroalimentare si tratta di il mercato in costante aumento che in tre anni è cresciuto di oltre il 25 per cento.

Secondo la Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa assieme ai vari tipi di fritti dominano le Chiacchiere nelle loro varie denominazioni regionali: Chiacchiere appunto in Lombardia, Piemonte, Campania, Sicilia e quasi tutto il Mezzogiorno; Frappe a Roma e nel Lazio; Cenci in Toscana; Bugie in Liguria; Ciarline in Emilia; Fiocchetti in Romagna; Crostoli in Friuli Venezia Giulia.
«Fritte della tradizione, al forno o “senza glutine”, magari bagnate nella cioccolata o in altre creme, valgono ben oltre la metà del mercato. Sono diventate insomma il dolce nazionale di Carnevale, come il panettone o il pandoro a Natale, la colomba a Pasqua», nota Cna.

Accanto al dolce simbolo del Carnevale, ogni regione gusta il “suo” dolce di Carnevale. Con le chiacchiere solo le castagnole (classiche, alla crema, alla ricotta, al cioccolato, allo zabajone) hanno una diffusione sovraregionale.Tra i prodotti localmente più diffusi si registrano tortelli, ravioli, tagliatelle dolci e torte di riso (nelle regioni settentrionali); fritole, galani, rufioli in Veneto; il bujarnik friulano; i chifelini di Trieste; berlingozzo, frati fritti e schiacciata in Toscana; i limoncini marchigiani; la Crescionda di Spoleto; il migliaccio napoletano; gli strufoli o struffoli praticamente in tutto il Sud con varianti quali la cicerchiata nelle regioni centrali e la pignolata in Sicilia; i taralli al naspro lucani; frati fritti e zeppole in Sardegna.

Fonte: Il Sole 24 Ore