I cinque ostacoli più comuni nella gestione dei Big data nelle piccole e medie imprese

Le piccole e medie imprese rappresentano l’ossatura dell’economia mondiale: il 90% di tutte le aziende (in Italia il 92% di quelle attive) e il 70% del PIL del pianeta, sono il motore della supply chain, ma favoriscono anche l’inclusione e l’innovazione. Lo sottolinea il World Economic Forum nella ricerca “Data Unleashed. Empowering Small and Medium Enterprises for Innovation and Success” cui hanno partecipato 111 persone da 21 settori e 42 Paesi, molti in Asia, Africa e Medio Oriente.
Al paper ha contribuito DAMA Italy chapter, che si riunirà l’1 dicembre a Bologna per la convention “Dati e Intelligenza Artificiale” e coordinerà, in parallelo, EMEA Data Conference (Europa, Medio Oriente e Africa) con 200 esperti in arrivo nel capoluogo emiliano dai 30 Paesi dell’area. In agenda decine di casi di studio e best practice, dalle banche all’energia fino al ruolo dei dati per migliorare le città e il mondo, con molto spazio dedicato all’IA, come governarla e preparare i dati affinché i sistemi di intelligenza artificiale e machine learning funzionino correttamente.

L’obiettivo del WEF è valutare la data readiness delle PMI, ovvero in che misura le aziende (sotto i 250 dipendenti) sono capaci di raccogliere dati, gestirli con opportuni processi e analizzarli. Quali sono le criticità principali per gli imprenditori e i loro collaboratori? Il documento ne individua cinque: la carenza di policy sui dati e di chiarezza su ruoli e responsabilità (governance); gli ostacoli alla “estrazione” di valore dai dati; i limiti dell’infrastruttura IT; le barriere d’accesso ai mercati globali e lo scarso monitoraggio dei dati sulla sostenibilità. A prescindere dalle dimensioni o dal settore, ad esempio, per il 74% degli intervistati la sicurezza e protezione dei dati aziendali è un tema “sfidante”. Il 63% dichiara di non avere un chief privacy officer (CPO), il 60% non ha chief data officer (CDO) e nella stessa percentuale manca il top manager della sicurezza (chief information security officer – CISO). I motivi: vincoli di budget e skill shortage, oppure questi compiti vengono assegnati a ruoli già esistenti (nelle PMI si tende a ricoprirne più di uno).

Per “sbloccare il potenziale” dei propri dati, il WEF suggerisce alle piccole e medie aziende di seguire un framework in 8 punti per stabilire le priorità. Si comincia con un assessment per ottimizzare i processi e “modellare” i dati. Si crea un presidio di “data governance” che assicuri sicurezza, privacy e una corretta gestione dei rischi. Poi la scelta di un fornitore di servizi IT che garantisca il rispetto dei protocolli di governo dei dati. Inoltre, la leadership aziendale deve impegnarsi a garantire le giuste risorse e aumentare le competenze dei collaboratori. Ma per migliorare le “data capabilities” (in soldoni: quello che sappiamo fare con i dati) serve anche una collaborazione tra pubblico e privato e la capacità di fare una revisione a cadenza regolare delle competenze interne per adattarsi sia ai business trend, sia alle richieste di istituzioni, regolatori e stakeholder, dentro e fuori l’azienda.

*presidente DAMA Italy e coordinatore EMEA

Fonte: Il Sole 24 Ore