Il deserto prende vita fra gli splendori di AlUla

Vaghe teste di Medusa scolpite nella roccia, i serpenti a corona, ci pietrificano d’incanto, mentre, su polverose Land Rover, il deserto scorre veloce. I monoliti di arenaria rossa, scavati in maestosi sepolcri, hanno timpani greci e colonne sormontate da capitelli in stile corinzio. Le tracce millenarie di carovane e spedizioni militari qui sono fuse d’eclettismi sinuosi e muti, a guardia delle tombe e degli antri ora vuoti.

Alla scoperta di AIUla

Hegra, l’antica Al-Hijr (”Luogo di rocce”), il sito archeologico più noto di AlUla, è la perla d’Arabia. Più affascinante dell’antica Petra, con cui condivide le tombe scavate nella roccia, che qui si stagliano però immense e solitarie in incontaminate lande desertiche, per oltre 50 ettari, fra dune rosate e scenari mozzafiato, tanto che ci vorrebbe la penna di un’Agatha Christie per descriverne l’alone di mistero, che tutto pervade, o la minuziosa sagacia dell’intrepido e leggendario colonnello Thomas Edward Lawrence, il Lawrence d’Arabia celebrato dal colossal di David Lean, per riferirne l’indecifrabile malia. Perché questo luogo, avamposto imperiale dell’Arabia Petrea – oggi sito Patrimonio dell’Umanità Unesco – è con AlUla la meta più ambita del turismo d’élite e non solo. Una regione scrigno di culture antichissime, abitata dai Thamudeni, abellita dai Nabatei e dai Lihyaniti, mitizzata dai legionari romani.

Gli echi di queste culture antichissime qui risuonano ovunque, dai costoni rocciosi graffiati da iscrizioni misteriose, fino ai sinuosi disegni d’animali scolpiti sulle pietre. Manal Al Dowayan, l’acclamata artista che rappresenterà l’Arabia Saudita alla Biennale di Venezia e che li ha indagati a lungo, nei suoi lavori e con parole fiere li descrive con il trasporto di chi sa di presentare al mondo bellezze inusitate e sconosciute ai più. «Sono meraviglie infinite, molte ancora da scoprire», mi dice. Perché, fino a pochi anni fa, questi luoghi erano interdetti al turismo e, grazie ai cospicui investimenti degli ultimi anni nell’intera regione, sono ora bramati. Il vasto progetto che interesserà il deserto del Wadi AlFann, con i suoi scenari mozzafiato, verrà presentato in Italia, in una mostra alla Biennale di Venezia, presso l’Abbazia San Gregorio, dal 16 al 30 Aprile.

Paesaggi incontaminati dalla natura strabiliante

Paesaggi incontaminati e contesti naturali strabilianti, archeologia, arte contemporanea e storia, qui si compongono in un onirico caleidoscopio di panorami colorati sotto a cieli rosati, sempre splendenti di stelle.Qui era l’antica via dell’incenso, crogiuolo di scambi e culture, che taglia a metà la città di AlUla, ora risorta fra raffinati negozietti di artigianato locale, ricavati nelle vecchie costruzioni di fango fresche di restauro (dimenticate certe brutture e cianfrusaglie disordinate d’oriente, qui è tutto studiatissimo e curato nei dettagli).

Correva il 31 ottobre 2021 quando la città venne ufficialmente aperta al turismo, dopo che le brevi incursioni in occasione di eventi come il “Winter at Tantora”, ne avevano fatto pregustare le meraviglie nascoste. Eppure siamo ancora soltanto agli inizi. Il Masterplan Journey Through Time, il primo piano quindicennale di sviluppo per AlUla, prevede infatti che nel 2035 – con il completamento dell’ampia strategia di sviluppo per la regione – saranno stati creati 38mila nuovi posti di lavoro, in una popolazione cresciuta fino a 130mila persone, ed AlUla contribuirà con 120 miliardi di Riyal sauditi (pari a oltre 26,7 miliardi di euro) al pil del Regno. Un assaggio di quanto importanti siano i progetti per l’intera regione lo fornisce la Maraya Concert Hall, meraviglia di specchi nel deserto, una vera myse en abyme delle rocce e delle culture che popolano questo fantastico luogo. Progettato dallo studio milanese Giò Forma, è al contempo sala da concerto, teatro, museo e luogo d’aggregazione; incorniciati dalle lussuose dorature degli abiti tradizionali, è facile incontrarvi i moderni beduini che, vanitosi con tanto di sciabole e telefonini alla mano, qui vengono a ritrarsi nel gioco di specchi.

Fonte: Il Sole 24 Ore