“Il mio amico Robot”, un film d’animazione privo di parole ma ricco di emozioni

Il cinema muto è protagonista del weekend in sala: “Il mio amico Robot” è un film d’animazione, privo di parole, che rappresenta una delle visioni più originali e interessanti delle ultime settimane al cinema.
Alla regia c’è lo spagnolo Pablo Berger, autore decisamente eccentrico nello stile delle sue pellicole, per la prima volta alle prese con l’animazione con questo film ambientato a New York negli anni Ottanta.
Protagonista è un cane che soffre di solitudine, passando le sue serate da solo sul divano di casa, mangiando comfort food e giocando ai videogiochi. La soluzione per trovare compagnia sta nell’acquisto di un simpatico robot con cui si creerà un rapporto di amicizia sempre più forte. Al termine di alcune ore passate in spiaggia a riposarsi, però, il robot si blocca e i due rischiano di doversi separare per sempre.

Pablo Berger torna al linguaggio del cinema muto con cui si è meravigliosamente destreggiato in “Blancanieves”, il suo film più bello e importante, datato 2012 e vincitore di 10 Goya, tra cui quello per la miglior pellicola.In quel caso adattava in chiave gotica la celebre novella dei fratelli Grimm, resa in live action seguendo modalità stilistiche tipiche degli anni Venti del secolo scorso, mentre in questo caso opta per un’animazione molto semplice e priva di grandi velleità creative, ma comunque efficace e in grado di trasmettere tutto il versante onirico (il titolo originale è “Robot Dreams”) che questo lungometraggio propone.

Citazioni al passato e trovate brillanti

“Il mio amico Robot” è un film ricco di trovate brillanti, soprattutto nella sua costruzione drammaturgica dove i colpi di scena sono costanti, in particolar modo nel continuo passaggio dai sogni alla realtà in cui finiamo per perderci anche noi spettatori.In crescita col passare dei minuti, fatta eccezione per qualche passaggio ridondante nella parte centrale, il film arriva a una parte conclusiva notevolissima, capace di toccare corde emotivamente profonde fino a riuscire a commuovere.Va inoltre evidenziato quanto Berger arricchisca il suo lavoro di citazioni che vanno al passato della Settima Arte, da quelle del tutto esplicite a “Il mago di Oz” ad alcune più velate, come per l’effetto Vertigo usato da Steven Spielberg ne “Lo squalo” e richiamato proprio in una sequenza in spiaggia in cui il robot protagonista si dedica a una serie di sorprendenti acrobazie acquatiche.

Presentato al Festival di Cannes dello scorso anno e premiato al Festival di Annecy, “Il mio amico Robot” è uno dei film d’animazione più significativi della stagione e si è meritato anche la nomination agli Oscar nella sua categoria, in cui ha però giustamente trionfato lo splendido “Il ragazzo e l’airone” di Hayao Miyazaki.

Tatami

Un altro titolo sorprendente è “Tatami”, coproduzione tra Georgia e Stati Uniti, diretto da Guy Nattiv e Zar Amir Ebrahimi. Un regista iraniana e un regista israeliano firmano così questa pellicola che unisce thriller, sport e cinema politico.Siamo a metà dei campionati mondiali di Judo, quando l’atleta iraniana Leila e la sua allenatrice Maryam ricevono un ultimatum da parte della Repubblica Islamica, che ordina a Leila di fingere un infortunio e perdere, per evitare di essere bollata come traditrice dello Stato. Con la propria libertà e quella della sua famiglia in gioco, Leila si trova di fronte a una scelta impossibile: obbedire al regime iraniano, come la sua allenatrice Maryam la implora di fare, o continuare a combattere per l’oro. “Tatami” racconta una storia individuale per fare un ragionamento decisamente universale, incentrato sulla lotta e la resistenza contro un regime dispotico che priva i suoi cittadini della libertà di fare le scelte che vorrebbero.Grazie anche a un buon ritmo del montaggio, il film riesce ad appassionare e a lanciare numerosi spunti di riflessione, valorizzati da un’elegante fotografia in bianco e nero che dimostra l’attenzione formale dell’intera operazione.Fatta eccezione per qualche momento troppo didascalico, “Tatami” è senza dubbio un prodotto riuscito e da vedere, che conferma inoltre la bravura dell’attrice Zar Amir Ebrahimi, qui alla sua prima prova da regista. L’interprete iraniana, vincitrice della Palma come miglior attrice al Festival di Cannes nel 2022 per “Holy Spider”, è ormai uno dei volti più celebri del cinema del Medio Oriente e anche in questo caso regala una prova intensa, tanto quanto quella della sorprendente protagonista Arienne Mandi.

Fonte: Il Sole 24 Ore