In viaggio verso l’eclissi di sole

Ho fatto un viaggio a Buffalo per andare vedere la mia terza eclissi totale di sole. Sul treno da New York non si contavano i cappellini, le magliette e gli occhialini con uno slogan riferito al fenomeno – c’erano gli astrofili, le famiglie, i nostalgici del New Age. Ospite di amici la cui casa era precisamente sulla traiettoria delle totalità, ho potuto disporre a piacere in giardino le apparecchiature per registrare alcuni video. Da tempo mi interessava soprattutto una ricerca sulle condizioni ambientali del verificarsi dell’eclissi. Mi spiego. Avrete visto ormai le migliaia di video e fotografie delle diverse fasi dell’eclissi. La luna che morde il sole. La luna che copre il sole. Le protuberanze. La corona. La luna che scivola via dal sole. Uno spettacolo senza pari, non c’è nulla, ma proprio nulla sulla terra che possa anche lontanamente avvicinarvisi, e non c’è video o fotografia che possa convogliare l’emozione di vedere il sole nero fiammeggiare nel cielo. Vale la pena di mettersi in viaggio per fare l’esperienza, una volta nella vita.

Dico subito che questa volta è andata male. Il cielo era sereno, poi si è velato, poi si è implacabilmente coperto. Seguivamo nervosamente le previsioni del tempo sulle app con il radar che riproduceva minuto per minuto manto nuvoloso, velocità del vento, previsioni di schiarite, ma non c’è stato scampo. Se pure abbiamo visto diverse fasi parziali, durante la totalità gli astri erano invisibili, riottosi, nascosti.

Quello che è successo a terra

Quello che è successo a terra, invece, ha superato qualsiasi aspettativa. Sulla volta delle nuvole si è vista arrivare l’ombra della luna, a velocità mozzafiato. La notte è piombata in pochi secondi. (I giardini delle case americane hanno diversi ammennicoli luminosi che si attivano al calar della sera per rallegrare il vicinato: i loro sensori, ingannati dalla caduta di luce, hanno dato vita a un mercatino di natale di improbabili luminarie.) Il buio è arrivato così velocemente che non si è avvertita una caduta di luce: è come se le cose stesse avessero cambiato tinta, o fossero state ricoperte da una polvere scura, malata. Abbiamo desiderato che tornasse il sole; abbiamo visto la coda dell’ombra liberare le nuvole sopra di noi, per continuare la sua corsa furiosa verso nord-est, come un vento di buio.

L’esperienza

L’esperienza è stata epistemicamente trasformativa. Bisognerebbe fare un passo indietro, ricordare come siamo arrivati a capire il meccanismo delle eclissi, in che modo già i Babilonesi su lunghe serie fossero riusciti a compilare un catalogo che permettesse di capire alcune regolarità, almeno per le eclissi di luna. La storia è lunga e appassionante, ma il punto che mi preme sottolineare è che l’esperienza di un’eclissi totale, e in particolare senza riuscire a vedere il sole e la luna ci mette in contatto diretto con antenati lontani, tutti quelli che tutto d’un tratto si ritrovarono in una notte velocissima, inspiegabile, paurosa, e sorgente di curiosità. L’eclissi crea una comunanza epistemica tra noi e loro. Gli antichi hanno imparato alcune cose dalle eclissi: per esempio, sembra una banalità, che la luna è più vicina alla terra di quanto non sia il sole. Che il sole ha una corona fiammeggiante. Che se si riesce a calcolare, come fece Aristarco, il rapporto tra le distanze terra-luna e luna-sole (di 1/20 per Aristarco, di 1/400 in realtà), si può concludere che il sole è molto più grande della luna (ottomila volte per la stima bassa). A poco a poco i dati quantitativi metteranno ordine nei fenomeni, e si arriverà a predire la traiettoria dell’eclissi di sole (come mi dice un amico fisico, è grazie a Laplace che gli albergatori degli USA sono riusciti a fare ghiotti affari quest’anno).

L’ombra della luna

Ma la percezione diretta di un’eclissi fa qualcosa di potentissimo, ci situa nel cosmo. L’ombra della luna ci raggiunge, lambisce le nuvole sopra di noi. Perché è proprio l’ombra della luna quella che vediamo, come se il nostro satellite avesse allungato una mano per toccarci, ricordarci che siamo parte infima di architetture poderose e imperturbabili dello spazio e del tempo.

Fonte: Il Sole 24 Ore