Dati, tool e intelligenza artificiale: il futuro del recruitment supera il classico CV

Per imprenditori, startupper e manager, il recruitment può risultare senza dubbio una delle parti più critiche del lavoro. Scegliere il talento giusto è complesso ma allo stesso tempo fondamentale per la crescita di un’organizzazione, in particolar modo per le aziende tech e digital dove la competizione per gli specialisti è una vera e propria lotta all’arma bianca, vista la scarsità della “materia prima”. Basti pensare che in questo momento, secondo i dati del report Osservatorio sulle competenze digitali 2023, sono attive circa 200.000 ricerche di tecnici informatici.

In questi anni la ricerca e selezione di personale qualificato – escludendo l’esplosione dei giganteschi database di profili come ad esempio Linkedin – è un processo rimasto pressoché invariato nel tempo e presenta enormi inefficienze rispetto alla velocità che ogni giorno di più diventa il fattore critico di successo per imprese e startup. Il buon vecchio “cv” in pdf scambiato via mail è ancora oggi lo strumento principe per conoscere un candidato, in un mondo che invece è totalmente cambiato. Le agenzie di recruiting conducono spesso una caccia “a tappeto” senza dare informazioni rilevanti ai candidati (più volte trattati come numeri) e le aziende dedicano poche risorse alla talent acquisition, non riuscendo a stare dietro alle pressanti richieste della linea di business.

Lo scenario si complica ulteriormente considerando l’evoluzione “generazionale” dei candidati, in particolare quelli del settore tech. La gen-Z ha infatti un approccio al lavoro totalmente diverso dai cosiddetti boomer: il lavoro non è più considerato come “centrale”, il valore da inseguire è invece la flessibilità e la compatibilità con la propria vita e le proprie passioni. Anche i junior vogliono scegliere l’azienda giusta in cui iniziare, senza essere disposti a fare la famosa “gavetta”. Il tasso di turnover, spesso causato da una mancanza di “fit” tra azienda e candidato, è in costante crescita ed è un problema di primaria importanza per le aziende.

In questo contesto, il nodo centrale da sciogliere è quello della scarsità di dati e di trasparenza tra i due elementi della catena. Il recruitment è infatti essenzialmente un processo di comunicazione e conoscenza reciproca tra talento e azienda: tutti gli step sono un percorso che svela gradualmente parti di verità che in una prima fase non si conoscono. Ad esempio, spesso le condizioni di assunzione e le caratteristiche dell’ambiente di lavoro si scoprono dopo 3 colloqui, così come le aspirazioni più o meno vincolanti del talento.

Per risparmiare tempi e costi di recruiting e abbattere il turnover è necessario arricchire notevolmente lo scambio di informazioni tra azienda e candidato, anteponendoli al momento topico della selezione, che è il colloquio. Il tutto per accorciare il più possibile la catena dello screening dove lo schema cambia. L’ordine non prevede più l’annuncio opaco, lo screening, il primo colloquio, i test tecnici, un secondo colloquio e infine l’assunzione ma, bensì, un annuncio trasparente, l’assessment (aspirazioni, esigenze, hard e soft skills), il matching, il colloquio e l’assunzione.

Fonte: Il Sole 24 Ore