La beffa della Brexit per gli italiani: stangata IMU sulle case inglesi

L’appartamento all’ultimo piano del numero 103 di Warwick Road, a Londra, ha una pregevole una vista su un parco privato: il tetto è stato pure ristrutturato in terrazzo con tavolini e sedie. Per anni, Giovanni ha affittato la casa ai turisti: era un continuo via vai. Lui vive a Trieste e ha comprato l’appartamento anni fa, con un mutuo che si ripaga grazie all’affitto. Giovanni è uno delle migliaia di italiani che ha investito in immobili a Londra: in tanti hanno comprato casa nella capitale per metterla a reddito. Negli ultimi dieci anni Londra era in continuo boom immobiliare: i prezzi erano folli, ma salivano sempre. Da un anno, ormai, l’appartamento di Giovanni è vuoto. I turisti sono scomparsi, causa Covid, ma le spese fisse rimangono: la rata del mutuo, le tasse municipali e quelle condominiali. Ma questo è niente rispetto alla tegola caduta il 1 gennaio: tra le pieghe di Brexit si nasconde una IMU fantasma per gli italiani che hanno casa a Londra.

La batosta sugli immobili

IL nome tecnico è IVIE ed è una tassa, tutta italiana, sulla proprietà di immobili. In realtà l’IVIE è sempre esistita, ma così insignificante da passare inosservata: fino a oggi un italiano che comprava un immobile all’estero pagava ogni anno lo 0,76% del valore catastale. Briciole. Ma con la Brexit, la Gran Bretagna non è più dentro alla Ue: non c’è più lo scambio automatico di informazioni del mercato unico. E dunque la mini IMU estera dello 0,76% non si basa più sulla rendita catastale, valore non più riconosciuto perché fuori area Ue, ma si calcola sul valore di mercato o sul prezzo di acquisto (il più basso tra i due). Soprattutto a Londra, dove i prezzi delle case sono astronomici, quello 0,76% si trasforma in un macigno. Nella capitale, in zona centrale, il prezzo medio per un appartamento con due camere da letto e una superficie di 70 metri quadrati si aggira attorno al milione di sterline: «Su un immobile con un valore di mercato di 1,5 milioni di sterline, e dunque una fascia media, un proprietario dovrà pagare circa 10mila sterline ogni anno» esemplificano i fiscalisti dello Studio Statura. Sterline che finiscono al fisco italiano.

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Il regalo di Boris al fisco italiano

Con l’addio alla Ue, Boris Johnson ha involontariamente punito gli italiani con una mini-patrimoniale. «Purtroppo è uno degli effetti immediati e secondari della Brexit» commenta Alessandro Belluzzo, capo dello studio fiscale di Londra Belluzzo International e presidente della Camera di Commercio italo-britannica. «Lo 0,76% si applica su diversa base imponibile, ossia il valore di mercato» che è infinitamente più alto di quello catastale. Con la Brexit, la nuova normativa italiana aumenta i costi e l’incertezza per chi è proprietario di una casa. Determinare il valore esatto dell’immobile, come richiede l’IVIE, è difficile: «Potrebbe essere necessaria una perizia, e il costo si aggira tra le 2-3mila sterline» prosegue Belluzzo consigliandola solo se il prezzo di mercato fosse sceso molto nel frattempo.

Fuga da Londra?

Gongola l’Agenzia delle Entrate: le casse dello Stato si ritrovano a beneficiare di una nuova tassa, senza dover far nulla, destinata pure a portare un grosso gettito. Il nodo però è l’effetto domino. A Londra gli affitti sono azzerati o comunque calati e la contemporanea tegola della Imu da Brexit toglie appeal al mercato immobiliare. Anzi, la nuova tassa diventa una spinta a vendere: senza introiti, e con la prospettiva di un salasso, meglio monetizzare. La Brexit diventa una beffa: gli italiani che hanno comprato casa nel Regno Unito, pensando di fare un investimento remunerativo, si ritrovano gravati di tasse. Anche se il costo aggiuntivo può essere sopportabile (ma non per tutti e di certo per nessuno in assenza di affitti), la redditività dell’investimento immobiliare a Londra cala drasticamente per gli italiani. A Londra rischia di scattare il fuggi fuggi dagli appartamenti.

Fonte: Il Sole 24 Ore