La città felicissima e quella degli intrighi nelle sale care a Wagner

C’è chi ha fatto l’elenco delle camere che ne raccontano intrighi, misteri e stranezze. Ogni numero una storia: di spie ammazzate, giornalisti stranieri spariti per aver fatto troppe domande sui soldi sporchi della mafia italo-americana, scrittori morti misteriosamente. E di personaggi che hanno popolato le camere, anzi le suite, per tutta la vita come il barone Giuseppe Di Stefano che visse qui fino a 91 anni: condannato dal tribunale di Cosa nostra e esiliato nel lusso per salvare la pelle. 

L’Hotel delle Palme, anzi per essere precisi il Grand Hotel et Des Palmes, nel cuore di Palermo, è uno di quei luoghi simbolo di una città che è stata (e spesso è ancora) capitale, incrocio, punto di snodo. Le Palme, come lo chiamano i palermitani, è, secondo alcuni, la rappresentazione plastica della Palermo felicissima e della Palermo degli intrighi. Un albergo raffinato così come raffinata volle la sua dimora l’imprenditore inglese Benjiamin Ingham, che ne avviò a metà dell’Ottocento la costruzione. Un edificio che dal 1874 l’imprenditore genovese Enrico Ragusa trasformò in albergo fino a farlo diventare nei primi del Novecento simbolo del Liberty grazie alla genialità di Ernesto Basile.

È qui, durante la permanenza a Palermo tra il 1881 e il 1882, che Richard Wagner trovò l’ispirazione per completare il Parsifal. Ed è sempre qui che durante la Seconda guerra mondiale Charles Poletti stabilisce il quartier generale dell’Amgot con il corollario di rapporti opachi e trame di vario tipo. Ed è sempre in queste stanze che nel 1957 si tiene il grande summit tra la mafia siciliana e Cosa nostra americana: tra i presenti Giuseppe Genco Russo per parte siciliana, Giuseppe Bonanno e Lucky Luciano, per parte americana. Seduto in un angolo nella Sala del caminetto un giovane avvocato siciliano di Patti: Michele Sindona.

Sul finire degli anni Cinquanta del Novecento va di scena quello che passerà alla storia come lo scandalo del Grand Hotel delle Palme , un tentativo di corruzione che fa saltare il governo regionale guidato da Silvio Milazzo e dunque il Milazzismo che aveva spedito la Dc all’opposizione con un’alleanza inedita tra comunisti e missini.

Fonte: Il Sole 24 Ore