L’eredità del Principe Filippo è esentasse: la Corona fa «elusione fiscale»

Quando i sovrani iniziarono a pagare le tasse

Nell’anno di Tangentopoli per l’Italia, i sovrani inglesi iniziarono a pagare tasse per la prima volta, ma ottennero uno sgravio sulla successioni, argomento molto sensibile per le tasche dei reali: i loro patrimoni, trasmessi di generazione in generazione, sono sempre consistenti. Ma quella prebenda fiscale è rimasta dormiente, merito o fortuna della lunghissima esistenza del principe Filippo. Gli esperti di fisco reale, però, ricordano che c’è stato un solo caso di applicazione della regola “Sovereign to Sovereign”, ma non per un titolo nobiliare, e si presentò venti anni dopo quell’esenzione: nel 2002 con la scomparsa della Regina Madre, Elizabeth Bowes-Lyon, l’eredità della anziana sovrana, tra cui una rarissima collezione di uova di Fabergè, stimata in 70 milioni di sterline, passò a Elisabetta II esentasse.

Con la morte del Principe Filippo, l’esenzione è scattata su un titolo nobiliare. Per non dover versare il 40% del patrimonio al fisco, l’eredità deve andare a un erede diretto al trono. Dunque Filippo avrebbe potuto passare il suo titolo solo alla Regina, che però di titoli ne ha già una cospicua collezione; o al solo figlio Carlo, unico erede diretto al trono. Se il principe centenario avesse deciso di premiare anche gli altri figli, il principe Andrea, la principessa Anna, e il principe Edward, sarebbe scattata l’odiosa tassa di successione.

L’origine della rendita

Carlo gode già del titolo di Prince of Wales, Principe di Galles, che gli garantisce la rendita milionaria del Duchy of Cornwall, il Ducato di Cornovaglia, che vale oltre 1 miliardo di sterline e paga 22 milioni di sterline l’anno. La rendita è un privilegio che risale addirittura al Medio Evo, fu istituita dal re Eduardo III per il figlio, il Black Prince (Principe Nero), ma che Carlo è obbligato a dividere coi figli maschi eredi al trono. Al Principe Harry spettavano vari milioni all’anno, ma ora con la “cacciata” dalla Casa Reale, la somma rimane in tasca al padre. E dunque ora Carlo assommerà due titoli nobiliari e le relative rendite, mentre gli altri tre fratelli rimarranno all’asciutto. Ma così il patrimonio della casa reale non finisce ad arricchire l’assetata HMRC, l’agenzia inglese delle entrate.

L’importanza del Testamento

Prima ancora che in Italia la sinistra iniziasse la sua polemica ventennale contro Silvio Berlusconi e le presunte leggi su misura, l’Inghilterra già sperimentava le Leggi ad Personam. Anzi, Ad Coronam, perché il privilegi si trasmetterà in futuro. Pur augurandole tutti i sudditi lunghissima vita, quando Elisabetta morirà, il suo immenso patrimonio, stimato in 80 miliardi di dollari, potrà passare di mano senza pagare tasse, ma solo se le mani saranno quelle di Carlo. Che a sua volta potrà passare intatta l’eredità degli Windsor se la passerà soltanto al figlio William. Il fisco non perdona i secondogeniti.

L’elusione fiscale della Corona può avvenire, però, solo in presenza di un testamento. Reali o sudditi, nel Regno Unito, serve un documento ufficiale scritto. L’unico modo per proteggere il patrimonio dalle grinfie dello stato, in caso di morte, è il testamento: “Nell’ordinamento britannico non esiste la figura giuridica della Legittima – spiega il fiscalista londinese Alessandro Belluzzo della Belluzzo International – e in assenza di un testamento, è il giudice a stabilire i beneficiari dell’eredità di una persona defunta”. Se non sono state redatte le ultime volontà, il tribunale applica la Intestacy Law, la legge che stabilisce a chi spettano le proprietà.

Fonte: Il Sole 24 Ore