L’export di vino italiano nell’Europa dell’Est limita i danni del 2020

Un vento dell’Est (Europa) soffia sul vino italiano. Il 2020 e l’emergenza Covid hanno avuto effetti devastanti anche per uno dei settori più dinamici dell’agroalimentare italiano e dell’intero made in Italy: il vino. Un settore che ha pagato a caro prezzo soprattutto la chiusura di ristoranti e bar. Tuttavia a conferma della dinamicità del comparto, qualche segnale positivo è emerso anche in un anno difficile come quello appena trascorso. Molte imprese, in particolare quelle più strutturate sia private che cooperative sono riuscite a limitare i danni riposizionando la propria offerta (rafforzandola sugli scaffali della grande distribuzione) o esplorando nuovi sbocchi di mercato all’estero.

I dati dell’export

Secondo le stime effettuate dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor per il Sole 24 Ore, a fine 2020 il vino registrerà un calo delle esportazioni in valore del 4,6% (a 6,1 miliardi di euro). Un risultato negativo ma migliore rispetto al trend globale (-10,5% gli scambi internazionali di vino) e rispetto al risultato del principale competitor, la Francia, costretta a rinunciare al 17,9% delle proprie esportazioni. Tra le diverse tipologie perderanno il 5,7% gli spumanti simbolo del fuori casa e della festa, che per la prima volta dopo 11 anni di crescita ininterrotta faranno peggio dei vini fermi (-4,5%).

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All’interno di questo calo c’è tuttavia, anche nella crisi da Covid 19, un’area del mondo che non ha invertito il proprio trend di crescita della domanda. Si tratta dei dieci paesi dell’Est Europa (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Ucraina, Estonia, Lettonia, Lituania) che negli ultimi anni hanno visto lievitare la domanda di vino in generale e italiano in particolare.

Nel 2019 il valore degli acquisti globali di questi paesi di vino dall’estero era ammontato a 1,335 miliardi di euro. Di questi, 351 milioni (pari al 26% del totale) hanno riguardato vino made in Italy. Negli ultimi 5 anni (2014-2019) la domanda enologica dall’Est Europa è cresciuta a valore del 34%. Ancora meglio (+43%) è andata per le vendite di vino tricolore.

«Nei primi nove mesi del 2020 – spiega il responsabile di Wine Monitor di Nomisma, Denis Pantini – l’export di vino italiano in questi paesi è cresciuto del 4,3% trainato dagli spumanti (+9,1%), mentre calano i vini sfusi (-24,1%) a conferma di una tendenza che evolve verso i prodotti di qualità a fascia medio-alta. I vini Dop rappresentano oltre la metà dell’export italiano con in prima fila Prosecco (+14,3% e che rappresenta oltre il 40% delle vendite made in Italy), seguito dall’Asti (con una quota del 14,5%) e dai rossi toscani.

Fonte: Il Sole 24 Ore