Lituania, è nata la nuova start up nation delle scienze della vita

L’obiettivo del governo lituano, confermato anche dopo il cambio di maggioranza seguito alle elezioni del dicembre 2020, è quello di far crescere il settore delle life sciences fino al 5% del Pil entro il 2030. E il paese è già sulla buona strada: «Ci stiamo concentrando sul biotech, sul settore farmaceutico e sulla ricerca medica. Oggi il comparto rappresenta il 3% del prodotto interno lordo, contro una media europea dell’1 per cento. E oltre il 90% dell’output viene esportato». Con queste parole Aušrinė Armonaitė, ministra dell’Economia e dell’Innovazione, ha aperto Life Science Baltics, evento dedicato alle scienze della vita andato in scena a Vilnius, capace di richiamare partecipanti da 40 paesi del mondo.

Un’attenzione, quella verso il settore delle life sciences, iniziata nel 1967 con la creazione del Biochemijos institutas, l’istituto di biochimica che fa capo all’università della capitale, e che ha avuto un nuovo slancio subito dopo l’indipendenza: «Nel 1993 decidemmo di vendere alcuni istituti, quelli che oggi chiameremmo spin-off universitari. Inoltre, dopo il collasso dell’Unione Sovietica, in Lituania nacquero molte imprese, anche in questo settore», ha ricordato, sempre dal palco della fiera di Vilnius, il viceministro dell’Educazione, della Scienza e dello Sport Justas Nugaras.

Paese orientato all’innovazione

Ma sono diversi i fattori che fanno della Lituania un paese orientato all’innovazione. Intanto la popolazione: «non abbiamo risorse naturali, ma abbiamo talenti», una frase che si è sentita ripetere spesso dai relatori che si sono alternati sul palco nel corso della due giorni dedicata alle scienze della vita. Il 56% della popolazione tra i 25 e i 34 anni ha completato un percorso di educazione terziaria, l’85% parla correntemente inglese, il 53% almeno due lingue straniere. Ci sono 52mila specialisti Ict e 15mila tra scienziati e ricercatori, su una popolazione che conta appena 2,8 milioni di abitanti, meno della Toscana.In secondo luogo il sostegno politico. Non solo l’obiettivo di arrivare al 5% del Pil generato dalle scienze della vita ha resistito ad un cambio di maggioranza. Lo scorso anno tre agenzie governative che si occupavano a vario titolo di sostengo alle imprese, attrazione degli investimenti e innovazione sono state unificate nell’Inovacijų agentūra, l’Agenzia per l’innovazione che ha a disposizione un budget da oltre 500 milioni in cinque anni, in gran parte provenienti da fondi europei. E poi c’è un ecosistema florido, capace di dar vita già a tre unicorni: Vinted, attiva nel second hand retail, Baltic Classified Groups, che opera nel settore della cybersecurity, e Nord Vpn, che sviluppa appunto virtual private networks.

Valore in crescita

Ma questa è solo la classica punta dell’iceberg. Tra il 2017 ed il 2022, secondo dati Dealroom.co, il valore delle startup lituane è passato da 600 milioni a 9,5 miliardi, una crescita per intensità seconda in Europa solo a quella croata. Sono più di mille le aziende innovative attive nel paese, sostenute da fondi che all’86% arrivano dall’estero e capaci di dare lavoro a oltre 17mila persone.

Tra le imprese più interessanti ce ne sono alcune proprio nel settore delle life sciences. Ad esempio Caszyme, realtà attiva nell’editing genetico sia a scopi medici che agricoli, che vede tra i fondatori il pioniere della CRISPR-Cas9 Virginijus Šikšnys e che, durante la prima fase della pandemia da nuovo coronavirus, ha sviluppato un test diagnostico. O Atrandi Biosciences, che sviluppa tecnologie e hardware per la single cell analysis, che ha chiuso un round di finanziamento da 4,5 milioni di euro nel 2023. Lo stesso anno in cui Oxipit, startup che sviluppa algoritmi di intelligenza artificiale per la diagnostica per immagini, ne ha ottenuti 4,4. È anche grazie a realtà come queste che la Lituania punta a raggiungere il 5% del Pil dal settore delle life sciences entro il 2030.

Fonte: Il Sole 24 Ore