Old master, effetto mercato per il “Superbarocco” alle Scuderie del Quirinale

Il mercato dell’arte diventa spesso il luogo di verifica delle problematiche dell’antico, tra attribuzioni dibattute e varianti di un medesimo soggetto. Il 21 maggio, Lempertz di Colonia presenta in asta la “sola” versione firmata della “Madonna del Rosario” di Bartolomé Esteban Murillo (1618-1682), una delle quattro note sul tema, con stima 1-1,5 milioni di € (lotto 2077), già battuta nel 2017 (Alcala Subastas-Madrid, 4 ottobre, Lotto 351). Il maestro del Seicento spagnolo, i cui capolavori – copiati all’infinito fino all’Ottocento – incantano per il mix di realismo e tenerezza rispettosa, visse sempre a Siviglia ed è nel locale monastero dei Carmelitani che, secondo recenti ricostruzioni, quella tela sarebbe rimasta fino al 1810. La provenienza è tracciata, almeno dal 1833 attraverso cinque collezioni e tre fra gallerie ed aste: già attribuita a Murillo (1913) e poi declassata (1934) all’atelier da Ludwig Mayer ed ora “aggiornata” dalle certezze di studiosi di Siviglia, basate sulla firma e sugli esami tecnico-scientifici (2013). Viene datata al 1645/50, inizio del periodo maturo. Vedremo la risposta sui rostri. La verifica scientifica è nelle mani degli studi e delle mostre istituzionali.

Intanto il focus sul Barocco è alla ribalta con l’importante mostra “Superbarocco. Arte a Genova da Rubens a Magnasco”, alle Scuderie del Quirinale di Roma, curata da J. Bober, P. Boccardo e F.Boggero, fino al 3 luglio che include Pieter Paul Rubens (1577-1640) e Antoon Van Dyck (1599-1641), giganti del Seicento fiammingo, con straordinari ritratti di Giovan Carlo Doria ed Elena Grimaldi Cattaneo, e opere museali di grandi artisti italiani, create per la potente città portuale ligure, da Orazio Gentileschi a Bernardo Strozzi, fino ad Alessandro Magnasco, con Gioacchino Assereto, Valerio Castello ed altri. Ma per molti di loro il loro riconoscimento nella storia dell’arte non coincide con le aggiudicazioni di mercato che raggiungono raramente vette o quotazioni adeguate allo status storicamente riconosciuto. Perché?

Il confronto

Comparando “strumentalmente” le sorti commerciali di Rubens e Van Dyck con quelle di Pietro da Cortona, Guido Reni, Guercino e Domenichino (non in mostra), vediamo che mentre i primi, nelle classifiche mondiali o ranking (Artprice) si collocano ai posti 288 e 121, ben diverse sono le posizioni degli altri. Le collocazioni e i record di aggiudicazione (diritti d’asta esclusi) dei quattro maestri italiani citati sono rispettivamente di 450.000 € (al posto 5.208), poco sotto 2,5 milioni di € (posto 1.551), 5,5 milioni (881) e 9 milioni di € (4799). Tra gli artisti in mostra, fa caso a sè Orazio Gentileschi (1563-1639) chiamato in Inghilterra (vi morì), il cui record è una grande “Danae “ (olio su tela, 161,3 x 226,7 cm) aggiudicata a più di 24 milioni di euro (Sotheby’s, New York 28 gennaio 2016, lotto 41). Per lui (e la figlia Artemisia) vendite pubbliche rarefatte, proporzionalmente alla storicizzazione e all’avanzata musealizzazione. Ciò non impedisce che capolavori di Rubens e Van Dyck appaiano sui rostri di Londra e New York. Coi record per Rubens di 70 milioni di € per una superba “Strage degli innocenti” (Sotheby’s, Londra 10 luglio 2002, lotto 6) e di più di 47 milioni per un “Lot e le sue figlie” (Christie’s, Londra 7 luglio 2016, lotto 12). Oltre 8 i milioni di euro per un autoritratto di Van Dyck (Sotheby’s, New York, 9 dicembre 2009, lotto 8).

I risultati degli italiani

Scalando agli italiani del Secolo d’oro genovese (circa 1600-1749), forse gli esiti commerciali non riflettono per caso o per destino, il valore della loro produzione. I banchieri genovesi dell’imperatore Carlo V d’Asburgo e del Re Sole Luigi XIV di Francia, erano più abili quando ingaggiavano i migliori artisti di Anversa? E meno cogli artisti della penisola? No, a giudicare dai prestiti e dalle collaborazioni in campo per Superbarocco, dagli Usa (partner la National Gallery di Washington) e da Belgio, Gran Bretagna, Germania e Spagna. E dai musei del mondo, Australia e Russia incluse, che ospitano pezzi significativi di Strozzi, Magnasco, Grechetto (Giovanni Benedetto Castiglione), Valerio Castello ed altri. Anche se in catalogo (Skira) si sottolinea che sono sotto rappresentati nei musei europei e americani.

Banche-dati e testimonianze degli addetti

Scorriamo altri dati di pubblico dominio. Un grande pittore come Bernardo Strozzi (1581-1644) si colloca al posto 4.205 nella classifica mondiale (2021), vanta un record isolato di 1.830.669 € (Londra, Sotheby’s 9 luglio 1998, lotto 73), pur vendendo per il 45% in area anglosassone. Nota Matteo Salamon: «Un record non dice abbastanza, il suo range di riferimento per opere di qualità medio-alta si colloca tra 100.000-600/700.000 €. Conserva un grande appeal, per il collezionismo colto di Genova e d’Italia». Per Paul Smeets: «Le sue nature morte sono all apice dell’arte ligure del periodo. La mostra è un’occasione per riscoprire il grande respiro internazionale del barocco genovese». L’altro campione ligure, all’estremo cronologico, Alessandro Magnasco (1667-1749), è venduto principalmente in Italia (36%) ed è al posto 2.732, restando ancorato in un range più moderato, con prevalenza di valori tra 50.000-100.000 € e un record di 214.000 € (Dorotheum, 17 aprile 2013). Perché, come sottolinea l’antiquario Cesare Lampronti: «Bisogna sempre distinguere Magnasco dai collaboratori Peruzzini e Spera». Smeets conferma che, pur essendo le sfere d’influenza ben studiate: «Il mercato vede le collaborazioni in modo complicato. Da cui una forte escursione di prezzi, tra 10.000-100.000 € e 300-400.000 € per le opere più belle, in galleria. Ma non sempre la collaborazione svilisce il valore economico, pur con un 80% dei paesaggi dipinti da Peruzzini. «In mostra c’è il ritratto di Maria Mancini di Jacob Ferdinand Voet con la celebre cornice, scolpita da Filippo Parodi (Genova, Palazzo Spinola). Per uno scultore così importante il record d’asta è di 190.000 € (Artcurial, Parigi, 16 maggio 2017, lotto 158). Gioacchino Assereto (1600-1649), di cui in mostra c’è un bellissimo “Alessandro e Diogene”, ha un solo record a sei cifre (939.575 € da Christie’s a Londra il 9 luglio 2003, lotto 98) ed è al posto 16.928. Ha venduto in Italia per il 54% del fatturato negli ultimi 10 anni, per il 68% negli ultimi 22 e il 50% dei suoi pezzi in asta quota 10.000-50.000 €. Sebbene prolifico. «È felice nei soggetti e raggiunge apici molto alti. Ha più successo di Magnasco. Nei temi più consolidati (corali) supera i livelli di base con un range tra 100-400.000 €» spiega Smeets).

Fonte: Il Sole 24 Ore