Pensioni, dopo il Def si allontana Quota 41

Con una spesa che a fine 2024 è destinata ad arrivare a 337,4 miliardi, in crescita del 5,8% sul 2023, e che per il periodo compreso tra il 2025 e il 2027 è stimata sempre in salita a un tasso medio annuo del 2,9%, gli spazi per nuove misure sui pensionamenti anticipati appaiono quasi nulli. Il Def “light” presentato dal governo sembra allontanare Quota 41, cara alla Lega, che almeno nel 2025 dovrebbe rimanere ancora al palo. Anche perché il Documento di economia e finanza targato Meloni-Giorgetti inserisce apertamente quella Quota 100, introdotta dall’esecutivo “Conte 1” proprio in seguito al forte pressing del Carroccio, tra le cause della corsa delle uscite pensionistiche e dei numerosi accessi alla pensione. Che nel quinquennio 2019-23 si sono rivelati addirittura superiori a quelli del periodo precedente il varo, a fine 2011, della riforma Fornero.

Nel 2027 spesa per pensioni a quasi 370 miliardi, nel 2040 picco del 17% sul Pil

Lievitata, quasi a dismisura, del 7,4% nel 2023, e destinata a crescere del 5,8% nel 2024 sotto la spinta dei costi dell’indicizzazione all’inflazione degli assegni (nonostante la parziale stretta fatta scattare dall’attuale governo), la spesa per pensioni continuerà a marciare a ritmi sostenuti anche nei prossimi anni. Le stime del Def “tendenziale” indicano quota 345,7 miliardi nel 2025 (+2,4%), 356,3 miliardi nel 2026 (+3,1%) e 368,1 miliardi nel 2027 (+3,3%), quando il peso delle uscite pensionistiche sul Pil dovrebbe essere del 15,5% sul Pil, allo stesso livello dell’anno precedente. E la Ragioneria generale dello Stato, nell’apposito focus inserito nel Def, ribadisce che dal 2029 in avanti, «il rapporto tra spesa e Pil riprende ad aumentare fino a raggiungere il 17% nel 2040».

L’allarme della Ragioneria

La Ragioneria conferma che l’impennata della spesa attesa nei prossimi 15 anni è «essenzialmente dovuta all’incremento del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati indotto dalla transizione demografica, solo parzialmente compensato dall’innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento». Sempre i tecnici del Mef fanno notare che «l’effetto dovuto all’aumento del numero dei trattamenti previdenziali sopravanza quello relativo al contenimento degli importi pensionistici esercitato dalla graduale applicazione del sistema di calcolo contributivo sull’intera vita lavorativa».

I costi delle deroghe, a cominciare da Quota 100

Nel Def presentato dal governo ci si sofferma a più riprese sulle negative ricadute che hanno avuto sull’andamento della spesa le tante deroghe alla legge Fornero, a partire dal ricorso a Quota 100. In particolare, si fa notare come nel quinquennio 2019-2023 si sia registrato un accesso al pensionamento «a livelli superiori a quelli del periodo precedente la riforma di fine 2011» perché «al fisiologico incremento degli accessi dovuto alla maturazione dei requisiti previsti e ai progressivi effetti della transizione demografica si sono sommati gli effetti derivanti da agevolazioni e ampliamenti delle possibilità di accesso al pensionamento anticipato in discontinuità rispetto al processo di riforma implementato nei decenni precedenti». Il riferimento a Quota 100 è evidente. Una misura poi sostituita, con ricadute meno pesanti sui conti pubblici, da Quota 102 e Quota 103, quest’anno in versione “penalizzata” con l’aggancio vincolante al metodo contributivo, previsto dall’ultima legge di bilancio.

Spazi stretti per nuove misure, Quota 41 inclusa

A fare chiarezza sul futuro del capitolo previdenziale sarà a questo punto l’aggiornamento del Def atteso il prossimo settembre. Ma già dal quadro “tendenziale” gli spazi per nuovi interventi sembrano assai ristretti. Per la nuova riforma delle pensioni i tempi appaiono quindi allungarsi. E, quindi, anche quelli per l’eventuale introduzione di Quota 41 sempre in versione “contributiva”. Ma in autunno il governo dovrà comunque decidere che cosa fare nel 2025, visto che Quota 103 “penalizzata” dovrebbe esaurire la sua corsa alla fine del 2024, così come Ape sociale e Opzione donna nel formato per una platea ridottissima. L’esecutivo potrebbe optare per una proroga delle attuali “misure ponte”, o guardare a qualche correttivo, come ad esempio Quota 104 (possibilità d’uscita con 63 anni e 41 di contributi).

Fonte: Il Sole 24 Ore